L’agronomo Luigi d’Aquino spiega le cause del crollo del grande cedro del Libano al centro del quartiere Arenula, con anche una ricostruzione fotografica dagli anni Cinquanta in poi. Il ricercatore dell’Enea si sofferma inoltre sulla caduta di un Ficus australis in via Marco Nonio Balbo e su quello delle alberature nei rioni Calenda e Montevescovado. Urge una riprogettazione del verde pubblico in città.
Commozione e rabbia per la caduta del grosso cedro del Libano a piazza Michele de Santi a Nocera Inferiore. Ieri sera, l’albero alto una ventina di metri è stramazzato al suolo, per fortuna all’interno della piazzetta, vuota in quel momento. Nessun danno alle persone. La causa è riconducibile al forte vento spirato per diverse ore ieri sera. Ma ci sono dei fattori predisponenti che vanno analizzati. Molte le ipotesi, alcune fantasiose, circolate in queste ore, sulle cause del crollo della pianta. Lo stesso è accaduto per il Ficus australis venuto giù in via Marco Nonio Balbo. Sul punto RTAlive ha ascoltato Luigi d’Aquino, agronomo nocerino di chiara fama, ricercatore dell’Enea. «I crolli avvenuti a causa del maltempo ieri sera confermano la fragilità del patrimonio arboreo cittadino – ha affermato d’Aquino -. Un patrimonio che sconta problematiche connesse ad errori in fase di impianto e di gestione».
PERCHÉ È CADUTO L’ALBERO A PIAZZA DE SANTI
Specificamente, sulla caduta del cedro del Libano a piazza De Santi, l’agronomo, dopo un sopralluogo effettuato questa mattina, ha dichiarato: «È evidente che l’albero ha l’insieme delle radici abbastanza superficiali, di cui è facile immaginare i danni subiti per effetto di tutti gli interventi effettuati sul piano di calpestio nel corso dei decenni, senza contare quelli causati per l’impianto e la manutenzione dei sottoservizi, come il passaggio di varie condutture». E d’Aquino ha aggiunto: «Osservando la successione temporale delle foto che nei decenni ritraggono la sistemazione della piazza e quindi anche l’albero in questione, si evince chiaramente che sul piano di calpestio e sulle radici sono stati effettuati interventi invasivi che sicuramente hanno ridotto l’ancoraggio della pianta. Anche la sistemazione precedente a quella attuale, con lo “sfettamento” del terreno (necessario alla creazione del muretto di contorno dell’aiuola attorno alla pianta) aveva troncato buona parte delle radici superficiali. Con l’intervento effettuato nel 2019 si è cercato di restituire una certa naturalità all’aiuola ma il danno alle radici era già stato fatto. La caduta del cedro del Libano ha evidenziato, inoltre, la presenza di cavità connesse a precedenti lavori, probabilmente prima della sua piantumazione decenni orsono, che non hanno favorito una buona radicazione della pianta».
L’ALTRO ALBERO NELLA PIAZZA
Nella piazza è presente un altro cedro del Libano: «Ora bisognerà tenere d’occhio la pianta – ha sottolineato il ricercatore -, per valutare nel tempo il rischio di crollo».
IL CROLLO DEL FICUS A VIA MARCO NONIO BALBO
Per quanto riguarda l’albero caduto in via Marco Nonio Balbo, Luigi d’Aquino ha chiarito: «Come in altri casi del genere visti in città, i Ficus australis impiantati nei primi anni Duemila sono stati messi a dimora in buche troppo piccole, che non permettono un adeguato sviluppo delle radici e quindi un adeguato ancoraggio di queste piante, che presentano, inoltre, chiome sempreverdi e molto folte le quali oppongono molta resistenza al vento. Ancora una volta si ripropone il problema di una gestione più oculata del patrimonio arboreo».
I CROLLI ALBERI RIONE CALENDA E MONTEVESCOVADO
I danni riguardano anche altri quartieri della città, con crolli di pini domestici, come al rione Calenda e Montevescovado. «Alcune di quelle che residuano sono sbaricentrate e dovrebbe intervenirsi per mettere in sicurezza l’area. Ancora una volta si paga lo scotto pluridecennale della scorretta pianificazione dei siti di piantumazione degli alberi. Sarebbe, a questo punto, sempre più urgente una riprogettazione del verde urbano, per motivi ecologici, estetici e di sicurezza».