Ieri la costituzione.
“Chi vuole far costruire forni crematori a Roccapiemonte non vuole bene al paese”: questa la conclusione a cui si è giunti ieri sera al termine del primo incontro promosso per prendere coscienza di quello che è il progetto approvato dalla giunta Pagano. È partita dunque ufficialmente ieri sera la mobilitazione generale contro la realizzazione di due impianti di cremazione al cimitero comunale di Roccapiemonte, uno per salme ed uno per animali di piccola e grossa taglia, e contro la gestione privata del camposanto prevista nel progetto di project financing. In tanti hanno accolto l’invito dei consiglieri di minoranza Raffaele Polichetti, Gerardo Adinolfi e Senise Califano. Presente anche la presidente del Comitato No Forno di Sant’Egidio del Monte Albino,Alessandra Petrosino, che è giunta a Roccapiemonte per dare manforte al nascente Comitato e soprattutto per illustrare la battaglia già in corso nella vicina cittadina dell’Agro dove la procedura è già stata avviata e dove il sindaco e la sua maggioranza si sono resi conto troppo tardi dell’ingente danno che stavano creando al paese, fermando un impianto già in fase di costruzione e difficile, oggi, da neutralizzare. Roccapiemonte in questa battaglia è sicuramente avvantaggiata dal fatto che l’iter sia soltanto alle battute iniziali e che la levata di scudi della cittadinanza potrà far capire all’amministrazione Pagano di aver adottato una progettualità non in linea con la vocazione del territorio ed assolutamente penalizzante per lo stesso.
Il Comitato sorto ieri sera ha avviato subito una petizione popolare e chiederà immediatamente al Sindaco di sospendere la progettualità e di convocare nel contempo una seduta di consiglio comunale monotematica e urgente nel corso della quale poter discutere del progetto.
Dura e ferma la posizione del Comitato, Roccapiemonte non diventerà il “ Crematorio per animali della Campania” né diventerà “ Il paese dove si bruciano i morti”, un peso troppo grande che una cittadina di 8700 abitanti con una superficie di appena 5 km quadrati,comprese le colline circostanti, non può assolutamente sopportare. Nel corso dell’articolata discussione sono stati portati all’attenzione del folto pubblico anche dati inconfutabili alla luce dei quali la realizzazione di un impianto appare ancora più ingiustificata e dettata probabilmente da finalità che ai più sfuggono.
•I dati
Attualmente in Campania esistono cinque impianti di cremazione, con undici linee in totale, tutte già in esercizio:
•Castel Volturno (CE)
•Cava de’ Tirreni (SA)
•Domicella (AV) • Montecorvino Pugliano (SA) •Napoli (NA)
A questi impianti saranno aggiunte altre 5 linee già autorizzate.
Dal numero degli impianti esistenti in Regione Campania,dal numero delle cremazioni e dai dati statistici , si deduce che e già soddisfatto il requisito del numero minimo di impianti per regione richiesto dalla legge 130/2001. Attualmente non si è raggiunta la saturazione e alcuni impianti risultano essere sotto utilizzati rispetto al loro potenziale annuo dichiarato, l’attivazione di nuove linee (5) aggiunte alle esistenti (11) dovrebbero portare la capacità massima di impianti, sulla base dell’indice di circa 2.000 cremazioni per linea, a oltre 40.000 cremazioni annue, un numero che soddisfa ampiamente la scelta (domanda) crematoria, dato che il totale dei morti annui in Campania si attesta intorno ai 57.000 e che le cremazioni sono meno di 20 mila. Negli ultimi quattro anni, dal 2015 al 2018, si è avuto un incremento costante di cremazioni, passando dalle 15.187 del 2015 alle 19.229 del 2018. Nell’anno in corso (2019), nonostante l’apertura dei due nuovi impianti di Castel Volturno e Napoli, le cremazioni sono restate pressoché uguali all’anno precedente: al 01/09/2019 sono state rilevate 15.000 cremazioni,rispetto al trend previsto che si aggira intorno alle 20.000, simile quindi al dato del 2018, ma ben al di sotto della soglia del potenziale massimo, fissato a 36.250. Si può quindi affermare che nel 2019 l’aggiunta dei due nuovi impianti hanno inciso più sulla redistribuzione delle cremazioni sugli impianti esistenti piuttosto che incrementare le stesse.
Nonostante l’incremento delle cremazioni negli ultimi anni, il nostro Paese resta tra gli ultimi in Europa. Nel 2017 le cremazioni di in Italia sono state 172.495mila su 649.061 decessi, pari al 26,57%. L’approvazione di un piano regionale di coordinamento in Regione Campania, che contenga le linee guida per la realizzazione dei crematori da parte dei comuni, in applicazione di quanto previsto dall’articolo 6 della L. 130/2001, non può quindi più attendere. Occorre evitare una “deregulation” che possa, da un lato, generare un numero spropositato di impianti a macchia di leopardo che non rispettino i parametri di legge e inficino l’intero sistema producendo delle diseconomie di scala, dall’altro innescare contenziosi tra le amministrazioni locali e l’amministrazione regionale. I progetti di costruzione degli impianti, approvati dal comune territorialmente competente, su parere favorevole dell’ASL, devono comunque tenere conto anche delle norme in materia di emissioni in atmosfera ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) nonché della sostenibilità economica dei gestori dell’impianto. Occorre ricordare, altresì, che il mercato delle cremazioni non è lasciato alla libera concorrenza, dato che il Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro della Salute, successivamente all’entrata in vigore della legge n. 130 del 30 marzo 2001, ha emanato un decreto (D.M. del 1 luglio 2002 – Determinazione delle tariffe per la cremazione dei cadaveri e per la conservazione o la dispersione delle ceneri nelle apposite aree cimiteriali – Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale N. 189 del 13 Agosto 2002) che fissa la tariffa per la cremazione, aggiornata annualmente con nuovo decreto in base al tasso di inflazione programmato e definito dall’ISTAT. Tale disposizione influenza ovviamente anche la quantità di crematori autorizzabili in ogni regione, poiché autorizzandone oltre lo stretto necessario i gestori non hanno la possibilità di aumentare le tariffe per poter compensare gli aumenti di costo dovuti alle diseconomie di scala. Insomma un incontro particolarmente proficuo che ha dimostrato, dati alla mano, che l’impianto di Roccapiemonte sarebbe assolutamente inutile. Capitolo a parte per la gestione privatistica del cimitero. Roccapiemonte negli anni passati si è battuta strenuamente per non cedere la gestione dell’acqua alla Gori, risultando ad oggi l’unico comune dell’Ato3 a non essere passato alla gestione privata del bene acqua. Il paese dell’acqua pubblica, portato ad esempio in tutta Italia quale modello virtuoso anche di lotta popolare partita dal basso, non può certo tollerare che un luogo tanto importante e caro diventi oggetto di mercificazione e di lucro da parte di privati. “Per ridare dignità al cimitero di Roccapiemonte non occorre svenderlo né affidarlo a privati -è stato detto ieri sera nel corso dell’assemblea pubblica-esistono altre forme di autofinanziamento, come del resto è stato già fatto in passato per l’ampliamento del cimitero”. Una battaglia destinata a continuare e che ha reso incandescente il dibattito sociale e politico in paese. Dalla stessa maggioranza si sono levate voci di dissenso rispetto alla progettualità.
L.T.