Scafati. Un’intera scuola si prende cura di un bambino diabetico.

La storia di Gabriele e dei suoi angeli custodi. “In fondo non è tanto male essere malato, mi sento un bambino fortunato “, le parole di Gabriele, un bambino di 10 anni affetto da diabete mellito di tipo 1 spiazzano e fanno riflettere.

scuola-scafati-plesso-s.pietro-5-elementare-rtaliveGabriele frequenta la quinta elementare e per tutti è già un piccolo eroe. La sua storia é comune a quella di tanti bambini ai quali viene diagnosticato il diabete mellito di tipo 1, una malattia autoimmune che costringe a cinque iniezioni di insulina al giorno oltre ad un controllo costante della glicemia. Gabriele,che è solo un bambino, non ha permesso però alla patologia di stravolgergli la vita, anche perché intorno a lui si è formata una vera e propria corazza costituita dalla famiglia ma anche dalla sua scuola, il terzo circolo didattico di Scafati (Sa).Nel plesso di S.Pietro, dalla dirigente Rita Maddaloni alle insegnanti di Gabriele, Sabrina Lisacchi e Pina Farella, alla referente di plesso Anna Pocchia e comprese le nuove maestre ed il personale non docente, tutti hanno fatto rete intorno a Gabriele, imparando a riconoscere i sintomi ed eventualmente ad intervenire in caso di emergenza. A scuola in un frigo vi è una iniezione salvavita da praticare all’occorrenza,in attesa sempre dei successivi soccorsi ma tutti si augurano di non doverla usare mai. È la mamma di Gabriele, Emma Aliani a raccontare la sua storia e a ripercorrere un anno difficile per tutti. “La scoperta della malattia é avvenuta perché Gabriele ha cominciato, in periodo estivo, a fare moltissima pipì, – ha spiegato -,e poi purtroppo conoscevo già i sintomi di questa malattia, così mabbiamo avviato dei controlli. Il 24 novembre 2018 Gabriele è stato ricoverato al secondo Policlinico perché in coma, il giorno successivo i medici ci hanno detto che mio figlio aveva il diabete mellito, mi è sembrato che il mondo ci cadesse addosso, ma poi piano piano, grazie anche al mio ometto che ha dimostrato una grande forza, abbiamo iniziato ad affrontare le sfide quotidiane di una patologia che ci tiene costantemente in allerta. Il mio timore più grande – ha raccontato ancora Emma Eliani- era proprio la scuola, non sapevamo come l’avrebbero presa e soprattutto se erano pronti ad affrontare tutto ciò che comporta avere un bimbo diabetico in classe. Non nascondo che avevo saputo di casi limite, a Terzigno per esempio una bambina con la stessa malattia di Gabriele era stata invitata a cambiare scuola perché il personale non aveva voluto assumersi alcuna responsabilità. Temevo potesse accadere lo stesso a mio figlio, – racconta ancora la signora Eliani – ed invece la scuola si è rivelata davvero una seconda famiglia”. Anche i compagni di classe di Gabriele hanno svolto e svolgono un ruolo importante, sono diventati i suoi angeli custodi e sanno cosa fare in caso di necessità. Ad ognuno di loro è stato dato un compito, chi allerta i bidelli, chi le insegnanti, chi il 118.

Gabriele, grazie ad un cerotto, controlla da solo il suo indice glicemico e sa cosa e quando mangiare in caso di necessità.Insomma è diventato il primo medico di se stesso. Ha anche imparato, grazie a sua madre ed al supporto di associazioni che si occupano di seguire famiglie con figli diabetici,a riconoscere i sintomi di eventuali crisi e quindi a mettere in pratica tutti gli accorgimenti per contrastarle. Anche la famiglia, a distanza, grazie al pick, riesce a controllare costantemente l’indice diabetico del ragazzino e quindi a stare più tranquilla. Persino la pausa merenda, in classe, viene fatta in base alle sue esigenze, ma ormai rientra tutto nella quotidianità della classe e della scuola. “Per la nostra scuola è stato normale prendersi cura di Gabriele – ha spiegato la dirigente Rita Maddaloni, da cinque anni alla guida del Terzo Circolo Didattico di Scafati- ormai tutto ciò che viene fatto rientra in una buona prassi che mira all’inclusione di tutti i nostri allievi”. Gabriele, infatti, come racconta sua madre, svolge una vita normalissima, non vive sotto una campana di vetro, fa sport, frequenta una piscina, e va anche a mangiare a casa degli amichetti, tutto questo grazie ad una perfetta sintonia tra famiglia, scuola e comunità. Nella scuola di Gabriele tutti hanno chiesto di formarsi per gestire eventuali criticità legate alla patologia di Gabriele, anche le maestre delle altre classi e tutto il personale ausiliario che ruota intorno alla scuola di S.Pietro. “Desideravo da tempo che questa storia fosse conosciuta anche all’esterno- ha affermato la mamma del piccolo Gabriele- innanzitutto per infondere fiducia a tante famiglie che stanno vivendo problematiche analoghe, ma anche per dire grazie alla scuola, il loro comportamento non era scontato. Nella malattia abbiamo trovato tanta solidarietà e soprattutto sostegno vero”.

Luisa Trezza

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