La lapide commemorativa apposta sulla facciata del palazzo municipale di Sarno nel 1999 a perenne memoria della tragedia del 5 maggio 1998 riporta la poesia di Ungaretti che con cruda e dolorosa sequenza rappresenta il sentimento di tutti, e non solo dei cittadini di Sarno, rispetto ad uno degli eventi più luttuosi e drammatici della storia recente italiana.
“Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro. Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto. Ma nel cuore nessuna croce manca. È il mio cuore il paese più straziato”. L’alluvione del 5 e 6 maggio interessò i comuni di Sarno, Siano, Bracigliano, Episcopio in provincia di Salerno, San Felice a Cancello nel casertano e Quindici e Casamanzi in provincia di Avellino. A seguito di una pioggia torrenziale si registrarono 160 morti, 360 feriti e 1350 sfollati. L’alluvione di Sarno e Quindici, o frana di Sarno, è stato un movimento franoso di vaste dimensioni che, tra il 5 ed il 6 maggio 1998, colpì, in particolare, le aree urbane campane di Sarno (SA), Quindici (AV), Siano (SA), Bracigliano (SA) e San Felice a Cancello (CE), causando la morte di 160 persone. Di queste, 137 rimasero uccise nella sola Sarno, la cui frazione di Episcopio fu l’area maggiormente colpita, 11 nel comune di Quindici, in particolare nella frazione di Casamanzi e 5 nel comune di Siano. A seguito di questi avvenimenti la Prefettura di Napoli decise di attivare una rete di monitoraggio ambientale, realizzata e installata da una società del settore, per garantire un controllo delle piogge e dei loro effetti sull’evoluzione della frana. L’area del comprensorio di Sarno, come per tutte le alture che circondano la piana omonima, è costituita da due dominii geologici nettamente separati. Il substato di base è composta da rocce calcaree, al di sopra delle quali le varie eruzioni storiche del Vesuvio hanno depositato strati successivi di piroclasti. Tali due dominii sono ben differenziati e descritti dalle numerose indagini geologiche condotte in epoca storica e recente. Essi costituiscono due insiemi a diversa densità, con il calcare compatto, e gli strati di piroclasti invece maggiormente sciolti ed incoerenti. Tali due strati erano tenuti insieme dalla vegetazione naturale, ed anche dalle pratiche colturali a terrazza. L’abbandono di queste ultime ha fatto in modo che i versanti fossero invasi da vegetazione ruderale, più volte bruciata, la quale non assicurava di fatto la stessa continuità tra calcare e piroclasti. Nel mese di maggio 1998, l’area del comprensorio di Sarno fu colpita da un eccezionale evento piovoso, e nell’arco di 72 ore caddero oltre 240/300 millimetri di pioggia.Tale evento causò la dissoluzione della continuità tra calcare e piroclasti, e provocò lo scivolamento catastrofico di questi ultimi sul primo (si tratta di un vero e proprio Lahar).
Il 5 maggio circa due milioni di metri cubi di fango si staccarono dalle pendici del monte Pizzo d’Alvano, investendo i centri abitati circostanti.Anche l’ospedale di Sarno, Villa Malta, posto alle pendici della montagna, fu investito dalla frana. Sul versante orientale montano della provincia di Avellino – sulle cui pendici sorge il paese di Quindici – si verificarono una decina di eventi franosi, due dei quali investirono il paese. Il primo, nel pomeriggio, si riversò nel campo sportivo senza causare vittime; il secondo, intorno alle 19:00, travolse la frazione di Casamanzi, spazzando via alcune abitazioni e una chiesa (Chiesa dell’Immacolata Concezione). I canali di scolo di epoca borbonica (i cosiddetti “regi lagni”) che scorrono dalle falde del monte fino a dentro il paese, anche per l’incuria e lo stato di abbandono in cui si trovavano da anni, si riempirono di detriti franosi, trasformandosi in veri e propri lahar. Laddove gli argini non riuscirono a reggere, il fango invase le strade, riempì i piani più bassi delle case, trascinò auto, alberi e persone. Undici furono i morti nel centro cittadino. Tra le vittime del disastro ci fu anche un soccorritore, il vigile del fuoco Marco Mattiucci, a cui – per l’eroismo dimostrato durante i soccorsi – fu attribuita la medaglia d’oro al valor civile. Secondo quanto riportato da alcune fonti, solamente dieci ore dopo l’accaduto l’assessore all’ambiente della Regione Campania Angelo Grillo inviò ai sindaci della zona un fax in cui si prevedeva la possibilità di eventi catastrofici: “Segnalasi che la conformazione orografica e le caratteristiche geoambientali del vostro territorio comunale in concomitanza di particolari eventi piovosi in corso in queste ore, possono determinare situazioni non prevedibili di instabilità con conseguenti eventi franosi catastrofici. Tanto si comunica ai fini dell’attivazione di ogni misura necessaria atta a garantire la salvaguardia della pubblica e privata incolumità”. Una volta accertata la gravità della situazione, numerosi distaccamenti di forze dell’ordine, pompieri e volontari provenienti da tutta Italia accorsero sul luogo per portare soccorso alle popolazioni colpite. Oltre all’elevato numero di vittime – tra cui diversi bambini -, numerose persone furono salvate dalla colata di fango; tra queste Roberto Robustelli, uno studente poco più che ventenne, estratto vivo dopo più di tre giorni dal sottoscala in cui era stato trascinato dalla violenza del limo. Esaurita la fase di prima emergenza, furono aperti alcuni procedimenti penali verso esponenti dell’amministrazione cittadina di Sarno, volti all’accertamento di eventuali responsabilità. Il 5 maggio del 2010 il sindaco Gerardo Basile, inizialmente giudicato non colpevole in merito all’accusa di omicidio colposo plurimo nei primi due gradi di giudizio, si è visto annullare le due sentenze dalla Corte di cassazione. Questo giudizio – motivato dal fatto che, secondo la Corte, la condotta del sindaco sarebbe stata “passiva” nella gestione degli eventi – ha rimandato la pratica alla Corte d’appello di Napoli per un nuovo processo.Nel dicembre 2011 la Corte d’appello condanna Basile alla pena di anni 5 di reclusione, confermata in Cassazione nel 2013 (Cass. pen., sez. III, n. 19507/2013); la pena fu poi ridotta di 3 anni per effetto dell’indulto del 2006, mentre i restanti 2 anni furono scontati in regime di affidamento in prova al servizio sociale.
(fonte Wikipedia)
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