Con la regionalizzazione, lo scenario che si prospetta è l’accentuazione delle differenze in tema di diritti civili e sociali su base regionale nonché degli sviluppi culturali, economici locali che minano l’unità nazionale”: a dirlo è la deputata del MoVimento 5 Stelle Virginia Villani che spiega le ragioni del “no”.
In una nota, l’on. Villani spiega le motivazioni della sua contrarietà alla regionalizzazione della gestione del settore scuola: “Le Regioni non possono sostituirsi allo Stato nel compito costituzionale di garantire per tutti l’accessom in condizioni di parità, alla formazione culturale, l’uguaglianza delle opportunità, la garanzia dei diritti. Il diritto all’istruzione non si esaurisce negli ordinamenti e nei programmi: a renderlo effettivo intervengono, infatti, anche altri aspetti specifici del fare scuola come la definizione dei curricula, l’organizzazione scolastica, il reclutamento, il trattamento economico e la gestione del personale. La proposta di regionalizzare il sistema scuola e università interesserebbe programmi, tassazione, ricerca personale. La region avrebbe totale arbitrio in tutte le decisioni che riguardano l’istruzione, indipendentemente da quello che accade nel resto del Paese. Le regioni che chiedono l’autonomia, avrebbero risorse maggiori, da destinare al loro sistema di istruzione, in base a parametri che terranno conto del maggior gettito fiscale prodotto. Avremmo una devoluzione, che investirebbe in pieno il sistema scolastico del Paese, minando l’unità culturale della nazione. Siamo di fronte alla violazione più completa del principio solidaristico e di redistribuzione su base nazionale, per cui chi produce più ricchezza potrà tenerla per sé, impoverendo chi è già più debole: ci sarebbero così differenze di opportunità tra i bambini e i giovani del paese” .
Inoltre, continua la deputata della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione: “Preoccupa moltissimo l’idea che il personale diventi regionale: il rischio è di creare delle gabbie salariali e impedire alle persone di trasferirsi, ovvero impedire ai docenti del sud di tornare nelle terre d’origine – spiega – Con la regionalizzazione, ci sarebbe un impoverimento della categoria visto che il settore regionale (quello della Formazione Professionale) ha stipendi più bassi di quello dei docenti statali. La regionalizzazione dei titoli e delle vie di accesso alla professione docente potrebbe comportare esiti paradossali e pericolosissimi, la prossima tappa potrebbe essere l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Perché non avrebbe senso mantenere un valore legale ad un titolo di studio che di fatto non può essere speso allo stesso modo in tutta la Repubblica Italiana – spiega l’on. Villani – Prevedere un’articolazione regionale di questi aspetti significa correre il rischio di avere tanti modelli di scuola quante sono le realtà regionali e una garanzia del diritto allo studio declinata per ambiti territoriali e dipendente unicamente dalle capacità politico programmatiche degli amministratori locali e dal livello di benessere economico del territorio. Si respinge categoricamente questa proposta di legge: difendiamo la scuola pubblica e statale, unica e uguale per tutti i bambini, i giovani e i lavoratori del paese. Da non sottovalutare anche che lo stretto legame tra qualità dell’istruzione e libertà di insegnamento verrebbe compromesso dal reclutamento su base regionale e dalla eventuale differenziazione delle condizioni salariali dei docenti, del personale non docente nonché dei dirigenti scolastici – continua l’on. Villani – Il sistema scolastico svolge una funzione essenziale per lo Stato democratico: la formazione dell’uomo e del cittadino. Per questo deve mantenere un carattere unitario in tutto il Paese. La scuola è un’ Istituzione della Repubblica, non riconducibile unicamente a un servizio alla persona. La qualità dell’istruzione non può essere declinata secondo criteri economici e territoriali che metterebbero in pericolo la stessa libertà di insegnamento, arrivando addirittura a contenere la mobilità ed il reclutamento dei lavoratori della scuola solo all’interno dei confini regionali. Così come concepita dai nostri Padri costituenti la Scuola pubblica italiana è nazionale e non va regionalizzata”.