Arrestato per corruzione con lui sono stati arrestati un noto imprenditore e un ex collaboratore di giustizia
Nella serata di ieri militari della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Salerno, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno nei confronti dell’imprenditore Gianluca La Marca, amministratore di fatto del noto Caseificio Tre Stelle di Eboli, e del pluripregiudicato Giovanni Maiale, capo dell’omonimo clan camorristico operante nella Piana del Sele, almeno sino al 1994, quando dopo l’arresto e la condanna per associazione camorristica decise di collaborare con la giustizia.
Con la medesima ordinanza cautelare è stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Emilio Vastarella, Direttore Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Salerno al quale viene contestato il reato di corruzione in concorso con Gianluca La Marca.
Le indagini hanno riguardato principalmente la figura di Gianluca La Marca, il quale, negli ultimi anni, ha attuato una politica economica espansionistica:
– sfruttando risorse provenienti da una massiccia evasione fiscale attuata dall’azienda di famiglia, Caseificio Tre Stelle, da lui di fatto amministrata, progettando di acquistare direttamente, o tramite familiari, aziende di allevamenti di bufale della zona di Capaccio-Paestum ed Eboli in crisi e sottoposte a procedure esecutive;
– avvalendosi della capacità intimidatoria di Giovanni Maiale per minacciare altri imprenditori e scoraggiarli dall’acquisto, alle aste giudiziarie, si impossessava di un’azienda di allevamento e produzione di latte di bufala di suo interesse ed annesso terreno. In particolare, Giovanni Maiale, detto “Giovanniello”, ex collaboratore di giustizia, come documentato dalle indagini dei Carabinieri, con minacce dissuadeva un imprenditore dalla partecipazione all’asta giudiziaria relativa ad una procedura esecutiva immobiliare avente ad oggetto l’aggiudicazione di un’azienda agricola, alla quale era interessato Gianluca La Marca. In occasione dell’asta giudiziaria in questione nessun altro imprenditore partecipava all’incanto ed i beni oggetto di esecuzione sono stati formalmente aggiudicati, al prezzo complessivo di 944 mila euro, a fronte di un valore stimato in circa 3 milioni di euro, alla madre di Gianluca La Marca. Quest’ultimo, a sua volta, aveva anche cercato di corrompere il custode giudiziario ed incaricato della vendita all’asta, promettendogli del denaro (che non ha accettato), allo scopo di ritardare l’aggiudicazione dei beni.
La pericolosità sociale del La Marca è stata ulteriormente confermata allorchè, nel corso di perquisizioni disposte da questa DDA lo scorso mese di giugno, le Fiamme Gialle traevano in arresto il cugino di Gianluca La Marca, trovato in possesso, presso la sua abitazione, di un fucile a pompa e di una pistola con matricola abrasa. Le armi, come emerso dalle conversazioni intercettate, erano di proprietà del La Marca. il quale, temendo i controlli delle Forze dell’Ordine, le aveva consegnate in custodia al cugino, nonché dipendente del Caseificio Tre Stelle affinché le nascondesse. Quest’ultimo, dopo una prima dichiarazione, si autoaccusava falsamente di essere il proprietario delle armi pur di non fare il nome del La Marca. Nel corso delle indagini si accertava altresì che Gianluca La Marca, al fine di risolvere le pendenze tributarie del Caseificio Tre Stelle ed i debiti che aveva accumulato con il Fisco, si era rivolto direttamente al Direttore provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Salerno, Emilio Vastarella, corrompendolo con la dazione di un bracciale da donna in oro e brillanti (che veniva effettivamente rinvenuto e sequestrato nella abitazione del Direttore dell’Agenzia) ed un orologio di valore (che il La Marca intercettato confermava di avere poco prima consegnato), ottenendo, in cambio, uno sconto di oltre 60 mila euro in realtà non spettante sulle sanzioni che erano state comminate al caseificio dalla Commissione Tributaria. Tale trattamento di favore veniva formalmente giustificato, nel provvedimento a firma del Direttore, sulla scorta di un’eccezionale situazione di difficoltà finanziaria del caseificio, artatamente fatta emergere nella istruttoria della pratica, quando nella realtà i conti dell’azienda evidenziavano una situazione particolarmente florida e l’attività commerciale era in piena espansione. In questo modo, il caseificio, oltre a beneficiare di uno sconto di oltre 60 mila euro sulle sanzioni, otteneva dall’Amministrazione finanziaria lo sblocco di un ingente rimborso IVA, che l’Agenzia delle Entrate aveva, come per prassi, congelato in presenza delle controversie tributarie. Per tale vantaggio economico, conseguito illecitamente, il Gip aveva già accolto la richiesta di sequestro preventivo avanzata dalla DDA e la Guardia di Finanza aveva sottoposto a sequestro più di un milione di euro sui conti correnti del Caseificio Tre Stelle.