“Cefalea: quando lo stress incide sulla vita quotidiana. Conosciamola meglio!”

Il termine cefalea indica un dolore localizzato al capo, la cui diffusione nella popolazione generale è ampia: si stima, infatti, che a livello mondiale il 46% degli adulti soffra di una qualche forma di cefalea. Fra le cefalee primarie, in cui il mal di testa rappresenta la patologia vera e propria e non è solo il sintomo di un’altra patologia, a livello statistico le più diffuse sono la cefalea di tipo tensivo e l’emicrania. Vediamole nel dettaglio e impariamo a riconoscerle.cefalea-urbe-nocera

La cefalea tensiva
La cefalea tensiva è la più frequente (secondo le stime epidemiologiche arriva a colpire anche l’80% della popolazione) ed è associata all’aumento del tono dei muscoli del capo e/o della nuca (da cui il termine “tensivo”). Il dolore è tipicamente compressivo-costrittivo (come una morsa, come un peso), bilaterale (spesso con distribuzione a “fascia” o a “casco”) ed ha una intensità sopportabile. Il vomito è assente, la nausea è rara, possono coesistere fonofobia o fotofobia; l’attività fisica, diversamente dall’emicrania, non peggiora l’intensità del dolore. A seconda del numero di manifestazioni a livello mensile, la cefalea tensiva viene classificata come episodica (meno di 15 giorni al mese) o cronica (più di 15 giorni al mese).cefalea-tensiva-urbe

L’emicrania
L’emicrania è una malattia molto frequente che colpisce in prevalenza soggetti di sesso femminile ed ha uno spiccato andamento familiare (il 50-60% dei soggetti sofferenti di emicrania ha un genitore con questa stessa malattia).
• Nel 50% dei casi c’è una fase che precede gli attacchi di emicrania che è caratterizzata da sintomi vaghi quali irritabilità, depressione, sonnolenza, stanchezza, sbadigli, difficoltà a concentrarsi, spiccato desiderio di specifici alimenti (dolci, in particolare).
• L’attacco emicranico vero e proprio, che in media dura dalle 4 alle 72 ore, si manifesta con dolore di intensità moderata o severa, generalmente pulsante ed unilaterale specie in prossimità della tempia e dell’occhio per poi eventualmente diffondersi; peggiora con la normale attività fisica ed è associato generalmente a nausea, meno frequentemente, a vomito, fotofobia e fonofobia.
• La fase della remissione è spesso caratterizzata da poliuria, sensazione di prostrazione fisica e mentale o, al contrario, da euforia. L’emicrania viene distinta in una forma senza aura, di gran lunga più frequente (80-90% circa), ed in una forma con aura, più rara (10-20%). Quest’ultima è caratterizzata da un insieme di sintomi neurologici (che vanno sotto il nome di “aura”) completamente reversibili e che precedono l’inizio del dolore. La maggior parte sono sintomi visivi come lampi, punti luminosi che rapidamente si allargano, luci lampeggianti (fotopsia), scotomi scintillanti (macchie nere, colorate e a volte scintillanti, che compaiono nel campo visivo quando la sensibilità della retina diminuisce, riducendo così l’efficienza della vista), deformazioni degli oggetti, emianopsia (oscuramento di metà campo visivo), ma altri sintomi possono essere sensazione di intorpidimento o debolezza a metà del volto o del corpo (in particolare all’arto superiore), disturbi della parola (afasia o inversione di lettere in una parola o di parole in una frase). Alla cessazione dei sintomi che costituiscono l’aura inizia l’emicrania, che si accompagna generalmente a nausea, vomito, fotofobia, fonofobia e osmofobia (ipersensibilità a profumi e odori).

Cefalea a grappolo
Altro tipo di cefalea è, infine, la cefalea a grappolo, la cui insorgenza può spesso coincidere con momenti di stress molto intensi o grossi cambiamenti di vita (anche se l’andamento successivo è però completamente svincolato da eventuali eventi stressanti). È caratterizzata tipicamente da crisi di dolore monolaterale a livello oculare e che può estendersi a lato della testa, riferito come un dolore di tipo lancinante di intensità molto elevata; gli attacchi durano da 15 a 180 minuti e si manifestano con periodi della durata da 1 a 3-4 mesi (grappoli).

Quali sono le cause?
Le cause scatenanti e/o peggiorative di un attacco cefalgico sono di vario tipo. Ricollegandomi alla settimana del benessere psicologico trattata nell’articolo precedente, si sa che lo stress psicologico, l’ansia e la depressione possono essere cause psicologiche o psicosomatiche del mal di testa manifestandosi con cefalea episodica o cronica di tipo tensivo ed attacchi di emicrania. In modo particolare per la cefalea tensiva, ma anche per l’emicrania, i fattori psicologi sono determinanti per lo sviluppo dell’attacco: particolari emozioni, modificazioni del tono dell’umore e condizioni di forte stress o rilassamento inducono una contrazione continua localizzata dei muscoli del capo e del collo, ed è proprio questa contrattura muscolare l’origine del dolore. Per quanto riguarda l’emicrania, il meccanismo di insorgenza del dolore è stato ricondotto alla vasodilatazione che segue un’improvvisa costrizione dei vasi cerebrali ma la vera causa non è ancora del tutto conosciuta. Tra i fattori scatenati più comuni si ritrovano fattori ormonali (mestruazioni, contraccettivi orali), alterazioni del sonno, fatica fisica, fattori ambientali (modificazioni climatiche, altitudine, luci, rumori o odori forti), emozioni intense, stress o allentamento dello stress, ansia, paura, depressione (come per la cefalea tensiva).cefalea-urbe

Altra causa correlata alla formazione degli attacchi di emicrania è l’assunzione di alimenti che contengono determinate sostanze: nitrati, glutammato di sodio (presente nei dadi da cucina e specialmente nella cucina cinese per esaltare il sapore dei cibi), tiramina, feniletilammina, aspartame (dolcificante contenuto in molti alimenti). Fra gli alimenti che più frequentemente possono scatenare e/o favorire, nei soggetti predisposti, un attacco di emicrania ci sono: latte e latticini (in particolare i formaggi stagionati o fermentati), insaccati, cioccolato, uova, agrumi, carne (in particolare le carni in scatola conservate, trattate e affumicate), frumento (pane, pasta, ecc.), noci e nocciole, pomodori, cipolle, mele, banane, bevande alcoliche. Sono invece, in linea di massima, innocui: riso, verdure verdi cotte (broccoli, spinaci, bietola da coste, cavolo riccio), verdure di color arancio cotte (come carote e patate dolci), verdure di colore gialle cotte (zucca), frutta cotta o cruda: ciliegie, mirtilli, pere, prugne (ma non agrumi, mele, banane, pesche o pomodori). Ad ogni modo, tali alimenti non sono facilmente riconducibili al singolo caso. Infatti, la prova della responsabilità o corresponsabilità di un cibo è fornita dal “post hoc ergo propter hoc”: notare se dopo l’assunzione di un cibo si ha l’insorgenza o il peggioramento di una crisi emicranica oppure miglioramento della sintomatologia cefalgica con l’abolizione di quel cibo dall’alimentazione. Oltre le classiche terapie con i farmaci da banco (acido acetisalicilico, paracetamolo, ibuprofene, ketoprofene), tutte queste strategie alimentari possono essere dei rimedi per diminuire il numero di crisi. Inoltre, per determinati tipi di emicranie e cefalee di tipo tensivo (soprattutto quelle si presentano con una frequenza inferiore ai 15 giorni al mese) diversi integratori sono stati utilizzati con successo nella terapia profilassica, in particolare: tanaceto partenio, magnesio, riboflavina e coenzima Q10.

Dr. Alessio Fabbricatore

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