Negozi a corso Italia tutti chiusi, centinaia e centinaia di persone anche fuori la chiesa, un silenzio irreale in tutto il centro cittadino, una città ferma per dare l’ultimo saluto al 25enne caporal maggiore morto suicida sabato scorso a Roma.
Così si presentava Angri ieri mattina, con tanti cittadini che hanno voluto partecipare ai funerali di Enrico De Mattia, nella Collegiata di San Giovanni Battista, alle spalle del Castello Doria. Per tutti, quel giovane pieno di vita era “Babbà”, soprannome mutuato dal padre, pasticciere in una nota pasticceria in via Di Mezzo. Anche gli amici dall’altare si sono rivolti al caporal maggiore salutandolo con quel soprannome che descriveva bene la dolcezza di un ragazzo proteso al futuro, che ormai, dopo sei anni di vita militare, era prossimo al passaggio al servizio permanente effettivo che gli assicurava un lavoro sicuro e definitivo.
In chiesa presenti tante autorità, a partire dal sottosegretario alla difesa Angelo Tofalo, al sindaco di Angri Cosimo Ferraioli, al generale di corpo d’armata Rosario Castellano, al Comando delle Forze Operative Sud, al comandante della task force a cui faceva riferimento De Mattia, il colonnello Giuseppe Cacciaguerra, al colonnello Antonino Neosi, comandante provinciale dei carabinieri di Salerno e al tenente colonnello Francesco Mortari, comandante del reparto territoriale dell’Arma di Nocera Inferiore. E poi tanti ufficiali, sottufficiali e compagni d’arme del 25enne angrese. La lunga messa è stata celebrata da diversi sacerdoti di Angri. Dall’altare sia i suoi amici sia il suo comandante di compagnia hanno ricordato che Enrico era una persona dal grande valore umano e professionale, ritenuto un punto di riferimento nel suo gruppo di amicizie e dalla fidanzata, presente insieme ai genitori al rito funebre. Toccante pure il saluto che le maestre del 25enne hanno voluto tributargli a fine esequie. Solo la fiducia nella resurrezione e in Dio farà da guida dopo questo dramma ancora tutto da spiegare, come a hanno sottolineato i sacerdoti. All’uscita del feretro dalla chiesa, mentre il picchetto armato rendeva gli onori militari, tantissima gente ha applaudito la bara coperta dal tricolore. Il corteo funebre ha transitato per quei luoghi cari al militare, a partire dal centro storico, con il castello Doria e la villa comunale, passando per corso Italia dove negozianti esponevano un manifesto a lutto “Enrico figlio di tutti noi”.
La gente in silenzio ha seguito il carro funebre e alla domanda del perché di un gesto simile, se ci fosse stato un segnale premonitore di un disagio, tutti hanno risposto di no. Un suicidio, quindi, avvolto dal mistero. Proprio per comprendere quanto avvenuto, i carabinieri del nucleo operativo di Roma stanno indagando da sabato scorso. La verità, probabilmente, emergerà dall’esame del contenuto del telefono cellulare del caporal maggiore. Altri elementi sembrano non esserci, almeno al momento. Gli stessi genitori del 25enne avevano ricevuto venerdì sera un messaggio nel quale il figlio si mostrava felice, la stessa reazione l’avrebbe manifestata ad un suo amico, maresciallo della Guardia di Finanza. Qualcosa potrebbe essere accaduto tra sabato notte e sabato mattina, tanto grave da turbare l’animo del giovane, fino a spingerlo all’insano gesto, commesso alle 15, mentre era in servizio di vigilanza a palazzo Grazioli, residenza romana dell’ex premier Silvio Berlusconi. L’esercito tramite colonnello Orazio Berlingieri ha tenuto a precisare che il suicidio non è ascrivibile a problemi di lavoro del caporale. Saranno ora i carabinieri a chiarire la vicenda.
Salvatore De Napoli – La Città