Una vicenda bizzarra quella dei sacchetti dei reparti ortofrutta. Il tutto nasce dall’approvazione della Legge n.123 del 3 agosto 2017, entrata in vigore l’1 gennaio 2018 come recepimento di una Direttiva Europea.
Secondo questa normativa, nei supermercati, frutta e verdura, ma anche pesce e pane, devono essere obbligatoriamente imbustati in sacchetti biodegradabili, con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile del 40%, e venduti esclusivamente a pagamento (con prezzo medio di 2 centesimi).
Fatta la legge, vietata l’alternativa, in particolare quella gratuita e riutilizzabile, che sarebbe ancora di più pro-ambiente, oltre che pro-risparmio. Ed è vietata in Italia, ma non in altri Paesi europei. Il nostro Paese, infatti, considera il riutilizzo dei sacchetti un problema di igiene e di sicurezza.
Quindi non possiamo riutilizzare i sacchetti per problemi igienico-sanitari, così come spesso troviamo frutta con la buccia imballata addirittura nella plastica.
Di certo i supermercati non possono dirsi camere sterili, allo stesso modo tutto il trasporto della frutta e della verdura non avviene in camere sterili.
Forse prima di scrivere questa circolare, i nostri burocrati avrebbero fatto bene a farsi un giro nei supermercati svizzeri, tedeschi e austriaci.
Un vero paradosso dello spreco. Quindi, no alle retine, che si vedono in altri Paesi europei: qui sembrano causare problemi di igiene e di sicurezza.
Sonia Angrisani