In molti Paesi del mondo alcuni importanti monumenti saranno illuminati di viola, come vuole la tradizione del World IBD Day.
Nella giornata mondiale delle malattie infiammatorie croniche intestinali o IBD (acronimo per intestinal bowel diseases), che si celebra ogni anno il 19 maggio, è importante parlare dello stigma, dell’imbarazzo e della perdita di dignità con cui i malati devono spesso convivere.
Rettocolite ulcerosa e Morbo di Crohn sono malattie per lo più invisibili, tranne per chi è ammalato. La ricerca scientifica, negli ultimi anni ha fatto molti progressi e di questo ne ha parlato Federica Furfaro, gastroenterologa al Centro per le malattie infiammatorie croniche dell’intestino all’Ospedale Humanitas di Rozzano (Milano).
“Numerosi passi avanti sono stati compiuti nella diagnosi e nel trattamento delle IBD” racconta, “purtroppo però ad oggi non è nota l’esatta fisiopatologia di queste malattie e, dal punto di vista terapeutico, non è stata ancora individuata una terapia in grado di guarire tutti i nostri pazienti, anche se notevoli progressi sono stati compiuti negli ultimi decenni con la conoscenza di nuovi meccanismi d’azione di nuovi farmaci. Inoltre, negli ultimi anni si è modificato l’approccio al paziente affetto da IBD, per modificare la storia naturale della malattia, intervenendo più precocemente e prevenendo lo sviluppo di complicanze”.
A livello globale vi è un crescente interesse nello studio delle IBD. Purtroppo stimare l’esatto numero dei pazienti affetti da IBD nel mondo non è semplice, in quanto in molti paesi non si tratta di patologie la cui diagnosi viene sempre notificata al sistema sanitario nazionale (ad esempio in Brasile i pazienti privati non hanno un’esenzione); l’accesso alla diagnosi o alle cure mediche non è uguale nei vari paesi del mondo e, in molti paesi, non esiste o non è completo il registro nazionale di tali patologie.
Dati epidemiologici recenti mostrano un aumento dell’incidenza e della prevalenza delle IBD, direttamente correlata al grado di industrializzazione, specialmente in regioni considerate in passato a bassa prevalenza.
Il gruppo epidemiologico della European Crohn’s and Colitis Organization (ECCO) sta valutando la distribuzione di queste malattie nel mondo. In Italia tra il 1989 e il 1992 è stata stimata un’incidenza della malattia di Crohn di 2.3 casi su 100.000 abitanti/anno e 5.2 casi su 100.000 abitanti/anno per la colite ulcerosa.
Si stima che circa 0.3% della popolazione europea sia affetta da IBD, con un costo diretto annuale di circa 5 miliardi. In particolare, in Europa l’incidenza di malattia di Crohn è di circa 0.5-10.6 nuovi casi ogni 100.000 persone, l’incidenza di colite ulcerosa è di 0.9-24.3 casi per 100.000 persone.
In nord America sono affetti da IBD 1.5 milioni di persone, con un tasso di prevalenza di malattia di Crohn di circa 44-201 casi per 100000 persone e di 37.5-238 casi per 100000 persone nella colite ulcerosa.
Le IBD sono considerate malattie che colpiscono soprattutto i giovani adulti, con un picco di incidenza tra la seconda e la quarta decade di vita e un secondo picco intorno alla quinta decade di vita. La malattia può colpire anche la popolazione pediatrica, in questo caso sappiamo che più precocemente si manifesta, più aggressiva è la malattia. La malattia può essere diagnosticata anche in età geriatrica e, al contrario di come si pensava in passato, la severità non è ridotta in questa categoria di pazienti, in cui pertanto è sconsigliabile un approccio terapeutico meno aggressivo, ancora preso in considerazione in molti centri.
La ricerca si sta concentrando soprattutto sull’individuazione delle specifiche cause che provocano lo sviluppo della malattia, in particolare i fattori genetici e i fattori ambientali, tra cui il microbiota intestinale, la dieta; lo sviluppo di specifici predittori di risposta alle terapie specifiche; la ricerca di nuove molecole con nuovi meccanismi d’azione, che possano indurre e mantenere la remissione libera da malattia nei pazienti affetti da IBD e la personalizzazione della terapia in base alle specifiche caratteristiche del paziente.
Per la cura delle IBD attualmente a disposizione farmaci con diversi meccanismi di azione, in grado di indurre la remissione, come i corticosteroidi, di mantenere la remissione come gli immunosoppressori (tiopurine e methotrexate) o di svolgere entrambe le funzioni, come la mesalazina e i 5-ASA nella colite ulcerosa o come i farmaci biologici, sia nella malattia di Crohn che nella colite ulcerosa. I farmaci biologici attualmente disponibili in Italia sono gli anti-tumor necrosis factor (TNF), in particolare infliximab, adalimumab e golimumab e le anti-integrine, in particolare il vedolizumab. Inoltre, in centri di riferimento per le IBD, è possibile accedere a terapie in fase di valutazione, prima dell’ingresso in commercio.
Purtroppo, i farmaci biologici non inducono e mantengono la remissione in tutti i nostri pazienti (primary non responder 30-40%) e, circa il 13-20% di pazienti/anno risponde alla terapia con anti-TNF, ma sviluppa una perdita di risposta secondaria che necessita di un’ottimizzazione del trattamento o di una sostituzione della terapia.
Non tutti i farmaci biologici sono indicati per tutti i pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali. In generale è importante eseguire uno screening con esami specifici, prima di iniziare la terapia. La scelta del biologico può essere influenzata dalla storia clinica del paziente, in particolare dalla presenza di specifiche comorbilità o di neoplasie. Si tratta comunque di farmaci tollerati e sicuri per i pazienti, come dimostrato dai registri di sorveglianza europei sulla sicurezza (IBSEN cohort).
I farmaci biologici attualmente disponibili possono essere somministrati per via endovenosa o per via sottocutanea, ma per la dispensazione è comunque necessario che il paziente si rechi presso il proprio ospedale di riferimento ogni 2 mesi. Inoltre, sono richiesti degli esami periodici di controllo. Tuttavia, il raggiungimento della remissione impatta positivamente sulla vita di relazione, sul lavoro e in generale sulla qualità di vita del paziente
Le IBD possono avere un aumento della mortalità a causa delle complicanze (eventi cardiovascolari, infettivi). Nei pazienti affetti da malattia colica con infiammazione non controllata, il rischio di sviluppare un cancro del colon-retto è aumentato di 2-3 volte, pertanto i pazienti necessitano di programmi di sorveglianza specifici.
Anche se si tratta di una malattia cronica recidivante, l’approccio multidisciplinare e i trattamenti farmacologici hanno permesso un buon controllo della malattia e una buona qualità di vita, anche nei pazienti stomizzati e nei pazienti pediatrici.
Spesso restiamo in silenzio quando abbiamo paura di sbagliare, senza renderci conto che l’unica cosa sbagliata è proprio non dire nulla.
Come rompere le barriere che spesso si creano tra medico e paziente e far sapere al proprio medico qualcosa che non gli si è mai detto?
#VORREICHEILMIOMEDICOSAPESSECHE è l’iniziativa che vuole dare ai pazienti la possibilità di esprimere le proprie emozioni, raccontando con una breve frase quello che spesso non si ha possibilità, tempo o coraggio di dire durante una visita.
Condividi le tue sensazioni, paure, ansie, nel modo che preferisci (scherzoso, gentile o di denuncia) e scrivi i pensieri che più ti stanno a cuore.
Sonia Angrisani