Circa tre milioni di euro nel 2016, lo stesso dato nel 2017, nonostante la diminuzione di medici.
Sono questi i numeri relativi all’Alpi, l’attività libero professionale svolta dai medici dell’Asl Salerno, o meglio quelle delle prestazioni aggiuntive all’orario di lavoro. Solo all’ospedale di Nocera Inferiore si è avuta una drastica riduzione di circa 2,4milioni di euro. Quello che sembrava un miracolo nel 2016 si è confermato anche lo scorso anno. Ma come è stato possibile? L’introduzione di un nuovo sistema informatizzato di rilevazione delle presenze dei camici bianchi, dell’obbligatorietà dell’autorizzazione preventiva e consuntiva sui turni nei reparti con le relative sottoscrizioni da parte dei dirigenti delle unità di costo (i primari o i responsabili delle unità operative), rigidità degli iter da seguire per le mancate timbrature all’ingresso e all’uscita, verifiche delle dichiarazioni rese dai sanitari rispetto all’Alpi effettuato. Tutto ciò non ha provocato drammatiche riduzioni dei servizi per l’utenza. Insomma, prima di questa svolta, il sistema era pieno di buchi che consentivano errori e soprattutto a qualche furbo di intascare molti più soldi di quanto dovuto, e questo accadeva a suon anche di centinaia di migliaia di euro l’anno per un solo medico.
A scoprire che le cose non andavano, l’ispettorato del lavoro di Salerno, su denuncia dei sindacati, tra cui la Cgil e l’Usb. A questi sono seguite varie indagini da parte dei carabinieri del Nas, della polizia e della guardia di finanza. Dall’attività investigativa emersero cose incredibili. Lo scandalo delibere. Fu lo stesso direttore sanitario dell’Umberto I di Nocera Inferiore ad ammettere che qualcosa non era andato durante la sua gestione tra il 2012 e il 2014. «Ho firmato quelle determine ma sugli allegati non c’è la mia firma…», dichiarò Maurizio D’Ambrosio, direttore sanitario del Dea Nocera Pagani fino al 2016 e in carica durante il 2012 e il 2013, periodo a cui si riferiscono gli accertamenti dell’Asl e della Corte dei Conti che a novembre ha messo in mora i sanitari chiedendo la restituzione di quanto percepito da 195 tra medici e amministrativi delle due strutture sanitarie.
D’Ambrosio sottolineò che nel 2012 e il 2013 «c’era una notevole carenza di personale medico a cui era difficile far fronte. Siamo ricorsi all’Alpi per garantire i turni di servizio dei singoli reparti quali pronto soccorso, neonatologia e radiologia e di quelli di sala operatoria per gli anestesisti». L’ex responsabile aggiunse: «Ho firmato le determine sulla base delle rassicurazioni e delle verifiche svolte dal responsabile del personale dell’epoca. Quei numeri di prestazioni erano compatibili con le carenze di organico. Una volta firmate le determine è poi è scattato un controllo da parte mia, degli uffici dell’Asl e del nuovo responsabile amministrativo che hanno sollevato presunte irregolarità, tra le quali problemi di mancata timbratura del badge. In più, alle determine erano allegati prospetti riepilogativi su compensi che non avevano in calce la mia firma: se ci fossero stati all’atto della firma della determina li avrei comunque almeno siglati». In definitiva furono pagati l’Alpi senza atti ufficiali che ne legittimavano i pagamenti. Detto questo ci si sarebbe attesi una serie di provvedimenti in campo giudiziario ma dell’inchiesta non se ne è saputo più nulla.
Tra i casi non ospedalieri c’è quella famosa dell’”alpino”, un recordman dell’Alpi così come fu definito. Solo lui, in circa un anno, aveva realizzato 200mila euro di Attività libero professionale, andando in vari ospedali della provincia di Salerno, specie della sud, pur essendo dipendente di una struttura nella sede dell’ex Salerno 1, e non si è saputo dove avesse svolte le ore ordinarie di lavoro. Alcuni medici dell’Umberto I,mentre svolgevano l’Alpi sarebbe risultati presenti in contemporanea in altre strutte sanitarie pubbliche e private, senza la necessaria autorizzazione e intascando pure i soldi dell’indennità relativa di esclusività con il servizio sanitario pubblico ed anche i compensi erogati per l’attività aggiuntiva svolta. La truffa era in voga in particolare a Nocera perché si approfittava anche del superlavoro della struttura, dopo la chiusura o la riduzione dei servizi degli ospedali napoletani e dell’Agro nocerino. A tutto questo bisognerebbe poi aggiungere milioni di euro che furono accertati perle mancate timbrature all’ospedale nocerino, ma questa è un’altra storia.
Cos’Alpi?
L’Alpi è un acronimo che riassume,anche impropriamente, tutte le prestazioni aggiuntive che i medici e i veterinari del servizio pubblico fanno oltre l’orario di lavoro come da contratto. In questa voce vengono ricompresi quelli che volgarmente vengono definiti straordinari. Si tratta di quelle attività che le Asl o le aziende ospedaliere sono costrette ad utilizzare per assicurare i livelli assistenziali delle attività ospedaliere e non. Questo accade soprattutto in Campania, a causa del blocco delle assunzioni. Ma c’è da dire, anche se fossero reali e non una truffa le molte ore di Alpi eseguite, quale sicurezza offre un medico che per 36 ore su 48 è in servizio? Quale la sua integrità psicofisica? Da ultimo,la normativa europea ha imposto di non superare il tetto complessivo delle 48 ore settimanali tra lavoro ordinario e aggiuntivo, anche se ancora oggi lo si supera ma non più con i livelli di un tempo, grazie alla stretta sui controlli. Va ricordato proprio per la mancanza di controlli, la Corte dei Conti ha attivato un’indagine su 195 sanitari dell’ospedale nocerino, chiedendo loro la restituzione di circa 2,5 milioni di euro complessivi, e c’è anche qualche anestesista che dovrebbe restituire tra gli 80 e i 150 mila euro relativamente al 2011 e al 2012.
Salvatore De Napoli – La Città