Il 9 maggio è la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi.
Sono passati 40 anni da quando nello stesso giorno, il 9 maggio 1978, sono stati trovati morti Aldo Moro e Peppino Impastato. Il primo ucciso dai terroristi che volevano abbattere lo Stato e l’altro dalla mafia che si presentava come Stato alternativo.
Aldo Moro è stato il politico che più di tutti ha cercato di costruire un ponte tra cattolici e comunisti, che ha consentito di approvare riforme importanti per i diritti nel lavoro, nella scuola e nella sanità. Peppino Impastato si è ribellato al sistema mafioso, che abitava a 100 passi di distanza, che permeava la sua famiglia e il suo paese (Cinisi), denunciando gli interessi economici perseguiti dai clan con la connivenza di apparati dello Stato.
Di Aldo Moro sono fissate nella memoria collettiva le immagini del corpo fatto ritrovare nel bagagliaio di una Renault 4 rossa a pochi passi dalle sedi dei due partiti popolari italiani del dopoguerra, la DC e il PCI. Di Peppino Impastato furono ritrovati soltanto brandelli del corpo, dilaniato dall’esplosivo, sparsi nel raggio di decine di metri.
Il funerale di Aldo Moro venne celebrato senza il corpo dello statista per esplicito volere della famiglia, che non vi partecipò, ritenendo che lo Stato italiano poco o nulla avesse fatto per salvare la sua vita. Al funerale di Peppino Impastato parteciparono migliaia di giovani compagni, nell’indifferenza della gente del paese di Cinisi, nascosta dietro l’omertà delle finestre chiuse. Nelle prime indagini si ipotizzò che Peppino Impastato fosse saltato in aria mentre stava compiendo un attentato. In nome del popolo italiano furono i giudici Rocco Chinnici e Antonino Caponnetto a riconoscere la matrice mafiosa dell’omicidio di Peppino Impastato.
Aldo Moro fu rapito mentre si stava recando in Parlamento, il giorno della presentazione del nuovo Governo, sostenuto da un’alleanza innovativa, che si era “tanto impegnato a costruire”. Il 6 maggio 1978 il gruppo politico di Peppino Impastato, con riferimento ad Aldo Moro, diffuse nel paese di Cinisi un volantino in cui si leggeva: “Di fronte alla possibilità, che trapela dal modo in cui si conclude il comunicato delle B.R., che l’assurda condanna a morte non sia stata ancora eseguita, rivolgiamo un ultimo appello alla trattativa in nome della vita e per la difesa del diritto a lottare delle masse popolari”. Peppino Impastato, candidato nella lista di Democrazia Proletaria, alle elezioni del 14 maggio 1978 fu eletto consigliere comunale da morto.
Le immagini di Aldo Moro e di Peppino Impastato, persone molto diverse, per una coincidenza di data, per un destino che li accomuna, tendono ad avvicinarsi. Tutti noi siamo in debito verso entrambi, uomini coerenti e attenti al nuovo che avanza, assetati di giustizia e con la voglia di cambiare, ognuno nel proprio contesto, al di fuori e dentro le istituzioni.
Aldo Moro scrisse che commemorare significa “non solo ricordare insieme, ma ricordare rendendo nuovamente attuale” e parlò della necessità di “pulire il futuro”.
Peppino Impastato contrastò le collusioni della politica con la mafia, con grande creatività, organizzando un carnevale alternativo, con una sfilata di cloni che dileggiavano i potenti del paese e con la trasmissione radiofonica “Onda pazza”, in cui si raccontavano in modo dissacrante le storie di “mafiopoli”.
A far conoscere la figura di Impastato al pubblico è stata anche la pellicola «I cento passi» del regista Marco Tullio Giordana (2000), ricordando la distanza che separava, a Cinisi, la casa degli Impastato da quella dell’assassino. Scegliendo come giorno l’anniversario dell’uccisione di Moro, con la Legge numero 56 del 2007, la giornata del 9 maggio è stata dedicata a «tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice». Modelli positivi di impegno civile e morale. Perché, come ricordò nel 2015 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, «ricordare significa anche non rassegnarsi mai nella ricerca della verità».
Sonia Angrisani