“In una situazione in cui un pacco di pasta su sette prodotto in Italia è fatto con grano canadese, si tratta di una svolta storica della principale industria pastaia del mondo che risponde alle sollecitazioni che vengono dai consumatori che chiedono garanzie di sicurezza alimentare”, spiega Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti.
È ancora acceso il dibattito sul glifosato. Tale erbicida è il più utilizzato al mondo, sia nel settore agricolo e sia a livello domestico. Lo IARC, organismo che fa capo all’OMS, ha di recente inserito il glifosato tra le sostanze probabilmente cancerogene per l’uomo, mentre l’EFSA ne ha smentito la pericolosità, senza però rendere pubblici gli studi su cui ha basato la propria posizione.
Micotossine e glifosato nella pasta è l’indagine a campione fatta da “Il Salvagente” che mette sotto accusa alcune delle più note marche italiane.
Ora la speranza è che l’Italia si impegni davvero a bloccare la distribuzione e l’utilizzo di questo erbicida nel nostro Paese, considerato una minaccia silenziosa per la salute, le coltivazioni agricole ed il Made in Italy.
C’è da dire comunque che le importazioni di grano duro dal Canada erano già crollate del 39,5% nel 2017, per via appunto dell’entrata in vigore del decreto con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del grano impiegato. La Barilla adesso, ha investito 240 milioni di euro in progetti che coinvolgono 5mila imprese agricole italiane che coltivano una superficie di circa 65 mila ettari “con un incremento del 40% dei volumi di grano duro italiano nei prossimi tre anni. Il tutto va a sostenere l’economia italiana e l’occupazione contro la delocalizzazione.
Sonia Angrisani