«L’abuso di potere appare costituire il tratto caratterizzante dello stile di vita dei fratelli Pagano».
E’ questa l’affermazione perentoria utilizzata dai Pm che conducono le indagini sul caso che fa tremare i palazzi di giustizia, l’imprenditoria e la politica campana per richiedere con forza che finiscano in carcere il giudice Mario Pagano e suo fratello Carmine, attuale sindaco di Roccapiemonte. Il carcere, per i pm è l’unica misura cautelare idonea, tanto da chiederla al tribunale del Riesame di Napoli, riformando in peggio la decisione del Gip. Per gli inquirenti, se il magistrato rocchese rimanesse agli arresti domiciliari non si escluderebbe la possibilità di inquinare le prove, di concordare dichiarazioni di comodo da parte di testimoni. Mario Pagano sarebbe uomo dai mille rapporti con la pubblica amministrazione, dai suoi colleghi togati ad alti dirigenti del ministero degli interni per finire a un ex rettore dell’università di Salerno. Persone con le quali ci sarebbe stato un mutuo scambio di favori in particolare con un vice prefetto e con un docente universitari. Sorprendente è la invece la considerazione della condotta di Carmine Pagano. In un primo momento la figura dell’attuale primo cittadino di Roccapiemonte sembrava di secondo piano (visto anche la decisione del Gip di lasciarlo a piede libero) ma per i pm il ginecologo non è solo indagato di essere uno degli organizzatori dell’associazione per delinquere capeggiata dal fratello Mario ma anche per essere colui che trarrebbe i maggiori vantaggi dalla gang.
Tra i due fratelli indagati ci sarebbe una «totale comunanza di interessi; Carmine Pagano è diretto beneficiario» assieme al fratello di vantaggi economici derivanti dai reati – avendo da presidente della Polisportiva rocchese la disponibilità del conto corrente su cui confluiscono buona parte dei soldi derivati dalla corruzione e dal traffico di influenze – e dalla politica. Anche per Carmine Pagano ci sarebbe la possibilità di reiterare i reati, essendo sindaco e tale carica è utile al raggiungimento di interessi particolari e illeciti della famiglia Pagano, come già emerso nelle indagini. Per i pm, indossando la fascia tricolore per Carmine Pagano è concreto il pericolo che abusi dei suoi poteri per realizzare gli interessi propri, dei suoi familiari e dei suoi amici «anche nel concreto contributo dee fratello Mario che come se visto è l’artefice della sua carriera politica». Gli inquirenti ricordano pure che i due fratelli, parlando a telefono, sottolineano di dover tenere a mente che i titolari di una nota azienda conserviera avevano rifiutato una sponsorizzazione alla polisportiva Rocchese. La società sportiva nelle indagini sarebbe uno dei punti nodali del presunto sistema corruttivo dei Pagano. Gli inquirenti citano, inoltre, una serie di operazioni bancarie non tracciabili e ritenute anomale per un totale di 205.510 euro fatte dall’allora presidente della Polisportiva, Carmine Pagano sul conto della società, attingendo l’ingente somma di denaro tra il 2012 e il 2016.
Insomma per gli avvocati Claudio Botti (difensore di Mario Pagano) e Giuseppe Buongiorno (legale di Carmine Pagano) si profila un duro lavoro. Comunque vada a finire questa inchiesta dal punto di vista penale, i suoi riflessi sociali e politici conseguenti rischiano non solo di provocare un terremoto per molte toghe finite nelle intercettazioni telefoniche ma anche per Roccapiemonte dove la famiglia Pagano è un riferimento da decenni.E’ questa l’affermazione perentoria utilizzata dai Pm che conducono le indagini sul caso che fa tremare i palazzi di giustizia, l’imprenditoria e la politica campana per richiedere con forza che finiscano in carcere il giudice Mario Pagano e suo fratello Carmine, attuale sindaco di Roccapiemonte. Il carcere, per i pm è l’unica misura cautelare idonea, tanto da chiederla al tribunale del Riesame di Napoli, riformando in peggio la decisione del Gip. Per gli inquirenti, se il magistrato rocchese rimanesse agli arresti domiciliari non si escluderebbe la possibilità di inquinare le prove, di concordare dichiarazioni di comodo da parte di testimoni. Mario Pagano sarebbe uomo dai mille rapporti con la pubblica amministrazione, dai suoi colleghi togati ad alti dirigenti del ministero degli interni per finire a un ex rettore dell’università di Salerno.
Persone con le quali ci sarebbe stato un mutuo scambio di favori in particolare con un vice prefetto e con un docente universitari. Sorprendente è la invece la considerazione della condotta di Carmine Pagano. In un primo momento la figura dell’attuale primo cittadino di Roccapiemonte sembrava di secondo piano (visto anche la decisione del Gip di lasciarlo a piede libero) ma per i pm il ginecologo non è solo indagato di essere uno degli organizzatori dell’associazione per delinquere capeggiata dal fratello Mario ma anche per essere colui che trarrebbe i maggiori vantaggi dalla gang. Tra i due fratelli indagati ci sarebbe una «totale comunanza di interessi; Carmine Pagano è diretto beneficiario» assieme al fratello di vantaggi economici derivanti dai reati – avendo da presidente della Polisportiva rocchese la disponibilità del conto corrente su cui confluiscono buona parte dei soldi derivati dalla corruzione e dal traffico di influenze – e dalla politica. Anche per Carmine Pagano ci sarebbe la possibilità di reiterare i reati, essendo sindaco e tale carica è utile al raggiungimento di interessi particolari e illeciti della famiglia Pagano, come già emerso nelle indagini. Per i pm, indossando la fascia tricolore per Carmine Pagano è concreto il pericolo che abusi dei suoi poteri per realizzare gli interessi propri, dei suoi familiari e dei suoi amici «anche nel concreto contributo dee fratello Mario che come se visto è l’artefice della sua carriera politica». Gli inquirenti ricordano pure che i due fratelli, parlando a telefono, sottolineano di dover tenere a mente che i titolari di una nota azienda conserviera avevano rifiutato una sponsorizzazione alla polisportiva Rocchese. La società sportiva nelle indagini sarebbe uno dei punti nodali del presunto sistema corruttivo dei Pagano.
Gli inquirenti citano, inoltre, una serie di operazioni bancarie non tracciabili e ritenute anomale per un totale di 205.510 euro fatte dall’allora presidente della Polisportiva, Carmine Pagano sul conto della società, attingendo l’ingente somma di denaro tra il 2012 e il 2016. Insomma per gli avvocati Claudio Botti (difensore di Mario Pagano) e Giuseppe Buongiorno (legale di Carmine Pagano) si profila un duro lavoro. Comunque vada a finire questa inchiesta dal punto di vista penale, i suoi riflessi sociali e politici conseguenti rischiano non solo di provocare un terremoto per molte toghe finite nelle intercettazioni telefoniche ma anche per Roccapiemonte dove la famiglia Pagano è un riferimento da decenni.
Salvatore De Napoli – La Città