Saranno giorni delicati e cruciali per la famiglia Pagano, il giudice Mario agli arresti domiciliari da oltre due mesi, ed il fratello Carmine, sindaco di Roccapiemonte e sul quale pende sempre una richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata dai pm della procura partenopea Ida Frongillo e Celeste Carrano.
Dopo il rigetto della misura per il sindaco e gli arresti domiciliari per il magistrato rocchese ritenuto il capo di una cupola di favori, intercessioni ed interferenze in numerose cause civili con conseguenti benefici economici, la Procura di Napoli torna all’attacco e reitera le proprie richieste, alcune , come l’arresto del primo cittadino, rigettata nel dicembre scorso dal gip Luisa Toscano. Il sindaco Pagano fu oggetto di perquisizione domiciliare ed in quella occasione gli furono sequestrati telefonini e pc. I fatti contestati e che vedono indagato Carmine Pagano non sono riferiti al suo ruolo di sindaco bensì al suo precedente incarico di presidente della Polisportiva Rocchese, la società della quale si interessava anche il fratello togato ed alla quale, secondo gli inquirenti, arrivavano finanziamenti da parte degli imprenditori finiti nel mirino della magistratura.
Il prossimo 15 marzo al tribunale del riesame di Napoli si discuterà dell’appello avverso l’ordinanza di custodia cautelare ai danni del giudice Mario Pagano di Roccapiemonte e di imprenditori e funzionari del tribunale di Salerno. La procura ha chiesto che venga inasprita la misura cautelare proprio per il magistrato rocchese che il GIP ha ristretto, dallo scorso 11 dicembre, agli arresti domiciliari nella sua villa di Rocca. I Pm napoletani avevano chiesto al giudice per le indagini preliminari di mettere agli arresti in carcere il giudice rocchese. Sempre la procura partenopea ha chiesto che si discuta il suo appello anche per Carmine Pagano, fratello del magistrato inquisito e dal giugno scorso sindaco della cittadina dell’Agro.
Per il sindaco gli inquirenti avevano chiesto l’arresto in carcere considerandolo partecipe dell’associazione per delinquere che sarebbe stata capeggiata dal fratello togato e di cui avrebbero fatto parte anche il cognato di quest’ultimo, il cancelliere Nicola Domenico Montone e l’ex Got Augusta Villani. Carmine Pagano sarebbe stato il “raccoglitore” delle istanze di numerose persone interessate alle illecite interferenze del magistrato sull’attività di pubblici ufficiali, mantenendo contatti anche con politici e gestendo i proventi illegali dell’intero sistema che pare fossero confluiti in parte nelle casse della Polisportiva Rocchese. Chiesta di riformare in peggio la misura cautelare inflitta dal gip a carico di Luigi Celestre Angrisani, patron della casa di cura Angrisani-Villa dei Fiori, del titolare della Royal Trophy Roberto Leone di Cava dei Tirreni, entrambi sottoposti a divieto di dimora nei comuni dove hanno sede legale ed operativa le rispettive società. Chiesta di riesaminare anche la posizione del 42enne Eugenio Rainone di Sarno della Costruzione Generali Rainone Srl e di Giacomo Sessa, 59enne di Fisciano della Sacar Forni di cui era titolare.
La procura aveva chiesto al gip la custodia cautelare in carcere, tra gli altri, dei fratelli Pagano, e degli imprenditori Leone e Celestre Angrisani e gli arresti domiciliari, tra gli altri, per Rainone e Sessa. Il giudice per le indagini preliminari aveva invece stabilito i domiciliari per Mario Pagano, nessuna misura per il fratello Carmine e per Sessa e Rainone, mentre l’obbligo di dimora per quattro imprenditori Celestre Angrisani, Leone, Riccardo de Falco e Giovanni di Giura, questi ultimi due titolari delle case di cura del gruppo Silba. L’inchiesta ruota attorno a due filoni principali: un primo relativo alla corruzione in atti giudiziari, in capo al giudice Mario Pagano, ed un secondo relativo alla truffa per centinaia di migliaia di euro legata al finanziamento regionale ottenuto sempre dal magistrato per la realizzazione di un agriturismo sulle colline rocchesi.
Toccherà adesso in particolare all’avvocato Giuseppe Buongiorno, legale del sindaco Carmine Pagano, tratteggiare la linea difensiva del suo assistito, visto che i difensori degli altri imputati avevano avuto la possibilità di farlo già in una precedente udienza, e soprattutto evitargli le misure restrittive chieste con insistenza dai pm partenopei.
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