Tutte le carenze strutturali.
PAGANI. Cade un flacone con un preparato per chemioterapia, evacuato il Day hospital per oncoematologia del polo oncologico di Pagani. E il problema si ripete in un reparto che ha evidenti carenze strutturali e di privacy, pur essendo un punto di riferimento in Campania e oltre nella cura delle neoplasie. Da anni c’è un forte malumore tra pazienti, medici e infermieri che operano o si servono dell’unità operativa complessa di oncoematologia. Reparto che è il centro di riferimento degli ammalati della provincia di Salerno e di gran parte di quella di Napoli, che preferisce venire a Pagani perché rinomato e a maggiore dimensione umana rispetto ai grandi ospedali napoletani. E sono molti i pazienti che vengono anche da altre regioni del Mezzogiorno.
Poco prima delle 13 di ieri, il falcone preparato nell’unità farmacologica antiblastica dello stesso Polo è caduto nei locali predisposti per la terapia, disperdendo nell’ambiente esalazioni tossiche e mettendo a repentaglio la salute dei pazienti e del personale che si trovavamo in quel momento nel reparto. Immediata l’evacuazione dei locali e l’accensione del sistema di areazione che sembra sia insufficiente. Nelle prossime ore, l’unità tornerà operativa ma i problemi strutturali e organizzativi resteranno in tutta la loro drammaticità. Al di là della carenza di personale, c’è bisogno di ripensare all’ubicazione del day hospital, della sala delle somministrazioni delle terapie e anche della degenza ordinaria. La struttura dove vengono somministrate le cure ai pazienti non ricoverati, ad esempio, è allocata al pian terreno, lì dove doveva trovare posto la rianimazione prima della nascita del Polo oncologico. Ammalati messi su sedie tecniche o su un lettino, uno affianco all’altro, indipendentemente dall’età, dal sesso e dal grado di malattia. Esseri umani messi senza privacy in uno stanzone, assistendo alle condizioni di chi è in uno stadio più avanzato e drammatico della malattia al quale probabilmente arriverà, con un conseguente devastante impatto psicologico.
E non c’è nemmeno la luce diurna o la possibilità di “ristorarsi” con la semplice visione del mondo esterno, non essendoci finestre. E’ facile intuire che un tale ambiente appare chiuso e soffocante. Si pensi che gli stessi ammalati, già in condizioni psicologicamente fragili, hanno chiesto di togliere i separé tra le sedie tecniche per evitare di maggiorare un effetto chiuso che «toglie il respiro e il senso della vita». La mancanza delle finestre non influisce solo sull’umore e sull’equilibrio di chi si trova all’interno per malattia o lavoro ma rende pericoloso tutto l’ambiente proprio in casi come quelli di ieri mattina, perché non consente un’areazione immediata ed efficace, favorendo, invece, la proliferazione di batteri resistenti (tipo quelli delle superinfezioni ospedaliere). In più, per i pazienti che spesso hanno reazioni alle terapie, c’è un solo bagno.
L’encomiabile abnegazione del personale sanitario riesce a tamponare alcune ma non tutte le esigenze. Gli stessi infermieri avrebbero accusato problemi dermatologici per l’assenza di un immediato ed efficace ricambio d’aria.
Eppure il problema si potrebbe risolvere con facilità. Basterebbe trasferire l’Unità operativa all’interno dello stesso ospedale, ai piani alti (ad esempio al quarto piano dove c’è dermatologia che potrebbe essere spostata sempre nello stesso stabile o al primo piano dov’è la radiologia). In particolare al quarto ma anche al primo piano, ad esempio, la presenza delle finestre consentirebbe un’atmosfera migliore per gli ammalati e gli operatori oltre che la possibilità di un’immediata areazione. Una soluzione poco costosa, specie quella del trasferimento al quarto piano che ha bisogno di lavori realizzabili da una ditta seria in poche settimane. Alla nota sensibilità e alla fattività del direttore generale dell’Asl Salerno, Antonio Giordano, il compito di trovare una soluzione in breve tempo.
Salvatore De Napoli – La Città