Non hanno fatto breccia nel tribunale del Riesame di Salerno le tesi articolate dei legali a favore dell’ex vicesindaco nocerino arrestato nell’ambito dell’inchiesta sullo scambio elettorale politico mafioso alle ultime elezioni amministrative a Nocera Inferiore.
NOCERA INFERIORE. I giudici hanno ritenuto fondata la ricostruzione della Dda, con i titolari dell’inchiesta presenti ieri all’udienza, in punto sia di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sia delle esigenze cautelari.
Cesarano, nei primi anni Duemila vicesindaco di Nocera Inferiore, biologo e titolare di un laboratorio di analisi cliniche, per la Dda di Salerno è uno degli uomini di fiducia dl boss Antonio Pignataro, una sorta di messaggero, l’uomo ponte con il potere politico o meglio il consigliere comunale Carlo Bianco (poi non rieletto a giugno scorso). Un punto riferimento per lo scambio di voti in previsione delle scorse amministrative tra Pignataro, interessato alla costruzione della casa famiglia proposta dalla parrocchia di San Giuseppe a Montevescovado, e Bianco che si sarebbe interessato per far approvare una delibera di giunta che dava mandato agli uffici comunali la valutazione di un eventuale cambio di destinazione d’uso dell’area dove doveva sorgere la struttura. Al centro dell’inchiesta anche il rapporto di amicizia, non solo in politica, tra l’ex vicesindaco e il consigliere comunale e poi ricandidato senza successo.
I giudici hanno pure valutato altri documenti presentati dalla procura antimafia a comprova delle accuse nei confronti del biologo.
I legali, ieri rappresentati dall’avvocato Annalisa Califano, hanno presentato un’articolata difesa basata sull’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza o, in seconda istanza, dell’inadeguatezza di una misura cautelare, come quella del carcere, per Cesarano, ritenendo che il biologo nocerino non fosse a conoscenza dell’attuale spessore criminale di Pignataro. I difensori hanno anche proposto una diversa interpretazione delle intercettazioni telefoniche, presentando una perizia di parte in particolare su una telefonata, nella quale sarebbe stata erroneamente trascritta una parola. L’errore di trascrizione farebbe intendere un coinvolgimento personale dell’indagato nello scambio di voti con il boss e a favore di Bianco. La difesa aveva sottolineato pure che dalle indagini emergeva la presenza di Cesarano solo a febbraio e a maggio insieme a Pignataro e Ciro Eboli (nipote del boss, anch’egli indagato nella stessa inchiesta). Due incontri nei quali Pignataro sarebbe andato effettivamente allo studio del biologo per eseguire alcune analisi.
Nel contempo, i legali hanno sottolineato che Bianco aveva avuto incontri con il boss soprattutto in assenza di Cesarano. Ma quelli che erano ritenuti elementi fondamentali per chiedere la liberazione dell’ex vicesindaco non hanno fatto breccia nelle tesi degli inquirenti che sono state validate dal tribunale del Riesame.
Le motivazioni saranno presentate nei prossimi oggi e solo dopo queste, i difensori dell’indagato potranno decidere se fare ricorso per Cassazione che potrebbe essere probabile. Cesarano era stato arrestato per lo scambio elettorale politico mafioso l’8 gennaio scorso ma era stato già destinatario di un avviso di conclusione delle indagini a novembre scorso.
Salvatore De Napoli