Polemiche per i ritardi e la disorganizzazione della macchina dei soccorsi. Ignorata la Croce Rossa che era pronta a dare il proprio contributo.
Un’altra giornata di fuoco per Roccapiemonte e le sue montagne. Il monte Caruso ha continuato a bruciare per tutta la giornata minacciando nuovamente sia l’acquedotto comunale che l’Eremo di Santa Maria di Loreto. Ma questa volta le fiamme sono state prontamente domate grazie all’intervento sia dei caschi rossi che dei volontari della Protezione Civile di Roccapiemonte. Più critica la situazione sulla piccola chiesetta appollaiata sul massiccio roccioso del Caruso.
Le fiamme hanno trovato terreno fertile nella pineta che circonda l’Eremo mariano e sono arrivate a minacciare seriamente il luogo di culto tanto caro ai rocchesi. Anche qui sono accorsi in tanti a dare manforte ai componenti dell’Associazione Santa Maria di Loreto che da anni si prendono cura dell’Eremo. Sul posto sono giunti gli operai della SMA Campania, il responsabile del settore incendi boschivi della Provincia di Salerno Giovanni Cammarano, tra i soccorritori anche il Comandante della polizia locale del Comune di Castel San Giorgio Marco Inverso e alcuni cittadini allertati dalle fiamme e da alcuni post su fb.
Intanto in molti si sono chiesti come mai la macchina degli interventi non abbia coinvolto i volontari della sede cittadina della Croce Rossa Italiana. I volontari CRI, pronti a scendere in campo, sarebbero stati snobbati o probabilmente solo ignorati nella gestione dell’emergenza.
Tanti cittadini , inoltre, avevano proposto di organizzare squadre di volontari e per pattugliare la montagna e per collaborare alle operazioni di spegnimento che si sono protratte per ben 4 giorni, provocando ingenti danni alla montagna.
Se si fosse intervenuto con maggiore solerzia e soprattutto con un numero maggiore di uomini, vista l’assenza di mezzi aerei, probabilmente molti danni al patrimonio verde potevano anche essere risparmiati.
Redazione