Stessa decisione del Riesame per Luigi e Gennaro Ridosso. L’ordinanza è sospesa vista il preannunciato ricorso per Cassazione.
SCAFATI. «Aliberti può fare ancora accordi con la camorra per lo svolgimento della sua attività politico amministrativa». Questa la frase più tremenda dell’ordinanza che cade come un macigno sul sindaco Pasquale Aliberti: per i giudici del Tribunale del Riesame, il primo cittadino scafatese deve essere arrestato «perché è ancora sindaco di Scafati e pertanto nell’adempimento del patto, può continuare ad erogare illegittimi benefici al clan» (Loreto-Ridosso, ndr). Così il Riesame accoglie l’appello della Procura di Salerno e dispone l’arresto in carcere per il sindaco di Scafati Pasquale Aliberti. L’esecuzione della misura cautelare resta sospesa perché il collegio difensivo del primo cittadino ha già annunciato di voler ricorrere per Cassazione.
Dal Riesame arriva il sì alla carcerazione anche per i cugini Gennaro e Luigi Ridosso. Niente arresto, invece, per il fratello di Aliberti, Nello Maurizio. Il collegio -presieduto da Gaetano Sgroia, a latere Giuliano Rulli e Dolores Zarone- non soltanto riconosce come inquinate le elezioni comunali del 2013 e quelle regionali del 2015 ma chiarisce anche che Aliberti ha usato i voti della camorra anche per le amministrative del 2008 e le provinciali del 2011: un vero e proprio sistema, il sindaco si sarebbe appoggiato, di volta in volta, al clan che in quel momento controllava il territorio cittadino: i Sorrentino, i Matrone e i Ridosso.
«La Suprema Corte –scrivono i giudici di appello cautelare di Salerno- precisa che il metodo mafioso è immanente perché è proprio la fama criminale dell’interlocutore del politico e la sua possibilità di incidere sul territorio di riferimento, con i relativi metodi, che rendono appetibile lo specifico accordo. Della caratura del clan Aliberti Angelo Pasqualino ne è ben consapevole». Insomma, Aliberti sapeva bene con chi aveva a che fare.
Definito attendibile e dettagliato il lungo e frazionato racconto dei fatti del pentito principale, Alfonso Loreto, soprannominato “Funzin’”.
La principale accusa è scambio elettorale politico mafioso. Questo si è consumato con l’affidamento del servizio di pulizia alla Italy Service da parte dell’Acse. Secondo i giudici, tale affidamento costituisce una preliminare “retribuzione” che il sindaco conferisce al clan, per sollecitare i componenti a fornire un rinnovato appoggio per la tornata elettorale regionale di maggio 2015.
L’affido del servizio alla società del clan costituita, come richiedeva il sindaco, fuori Scafati ed intestata ad un soggetto “pulito” avviene ad aprile 2015 ossia giusto un mese prima delle votazioni che si avranno infatti a maggio.
«Ed è per questo motivo – scrivono ancora i magistrati – che il clan, nella per- sona di Ridosso Luigi, con la collaborazione di Ridosso Andrea organizza un comizio elettorale privato per la Paolino nell’area antistante l’abitazione di Ridosso Anna. Un comizio dove parteci- pano oltre 120 persone».
Non convince il Riesame la tesi di Aliberti quando rifiuta di inserire nella lista di appoggio alla sua candidatura nel 2013 Ridosso Andrea e quando stigmatizza di aver fatto acquisire al Comune la proprietà abusiva di Vincenzo Nappo, affermando di aver eseguito tale gesto nei confronti di Francesco Matrone, essendo il Nappo il suo braccio destro. Non con- vince perché lo stesso Loreto chiarisce che Nappo non c’entra più nulla con il gruppo di Matrone, di cui farebbero parte altri soggetti, tra cui Antonio e Michele Matrone, Carmine Alfano, Marcello Adini.
Non convince perché appare strano che «chi si dichiara avversario alla camorra, accetti che la propria consorte faccia un comizio elettorale in casa di Anna Ridosso, sorella del camorrista Salvatore Ridosso, ucciso nel 2001 in un agguato di camorra e sorella di Romolo Ridosso, mandante di diversi omicidi».
Non solo, appare strano anche che Aliberti accetti di cenare, durante la cam- pagna elettorale in sostegno della Paolino, anche con Luigi Ridosso e la moglie.
«Dunque – spiegano ancora i giudici del Riesamesia nel 2013 che nel 2015 interviene un patto mafioso politico per il quale il sindaco ottiene l’appoggio del clan Ridosso-Loreto, ed il clan riceve, in cambio, nel primo caso la promessa di un grosso appalto (promessa non man- tenuta) nel secondo caso, oltre all’assunzione di Andrea Ridosso, la dazione dell’appalto Acse».
Adriano Falanga – Le Cronache
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