La “Nocerinitá” è un vanto e non una vergogna

NOCERA INFERIORE. “Maledetto quel giorno, maledetto quel campionato, maledetta quella partita sospesa”, è forse questo il pensiero che affligge il tifoso nocerino che, oggi, guarda al futuro a testa alta. Sì, perché di quei momenti e della ribalta nazionale che ne seguì rimane un’ombra, purtroppo una macchia che resta indelebile, ricaduta solo sulle spalle dei tifosi, colpevoli e colpevolizzati. Gli unici a pagare, per quel giorno che, di sfumature ne ha tante e di risposte ne ha poche.

Il tutto ricadde sull’intera comunità nocerina, come un grosso macigno e che fece di Nocera Inferiore il fulcro della inciviltà, da condannare e additare quale esempio della malvagità umana. Il buio sulla nocerinitá, quasi come se fosse una accezione negativa, essere nocerino era diventata una vergogna.

Ma questo indiscriminato concetto, per cosa? Il tempo ha dilatato i ricordi, li ha inglobati nel limbo e solo chi era testimone di quegli eventi può conservarne l’autenticità, gli altri, TV nazionali, quotidiani e trasmissioni sportive, non sono padri della verità assoluta, ma solo il tramite attraverso la quale la verità è stata raccontata. Ecco, la verità.

La verità è che essere nocerini ha un significato storico rilevante, essere nocerini non è solo un simbolo, essere nocerini vuol dire essere un popolo.

La “NOCERINITÁ” è la parola che racchiude una comunità che prima di Pompei viveva nella Valle del Sarno, in una grande città di nome Nuceria e che coniò moneta propria e che fu Capitale della confederazione Osco – Sannita, che dall’agro nocerino si estendeva sino alla penisola Sorrentina.

La “NOCERINITÀ” è nelle antiche tufare dalle quali si estraeva il caratteristico “tufo nocerino”, composto dalla tipica nocerite.

La “NOCERINITÁ” è nell’oro rosso, il pomodoro San Marzano che, il Re del Perù donò al Re di Napoli, il quale lo piantò sulle rive del fiume Sarno e che fece di Nocera un grande polo agroalimentare riconosciuto in tutto il mondo, anche oggi.

La “NOCERINITÁ” è la pasta, quella del famoso triangolo della pasta: Gragnano, Nocera, Torre Annunziata.

La “NOCERINITÁ” è il caratteristico cipollotto nocerino che, da questa terra, va anche all’estero.

La “NOCERINITÁ” è Marco Levi Bianchini, l’amico di Freud, perché oltre a nascere nocerini, lo si diventa. Una comunità che accoglie e che non respinge, ma ama e si fa amare.

Come Egry Erbstein, il direttore tecnico ed allenatore del Grande Torino che, nel lontano 1930, allenò la Nocerina, perché la storia del calcio italiano è passata anche a Nocera.

Questi avvenimenti ed altri, verranno festeggiati sabato 3 dicembre al Parco Giochi di Via Domenico Rea nella “Notte della Nocerinitá” (strada intitolata ad un altro nocerino illustre, vincitore del Premio Strega con il romanzo Ninfa Plebea).

E come diceva Joe Marrazzo, giornalista e scrittore nocerino autore del libro “Il Camorrista”: guagliú ma a’ Nocerina ca fatt! Come fanno, da sempre, tutti i nocerini.

Giuseppe Colamonaco

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