“Chi ha scarsa memoria…” recitava la canzone “Ma il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano nel 1975. Appena 2 anni prima (1973) l’emergenza colera spingeva alla progettazione di opere di disinquinamento del fiume Sarno, in Campania, portando al cosiddetto PS3 (Progetto Speciale 3) che tra le altre opere prevedeva il completamento delle reti di depurazione delle acque di tutti i paesi del bacino del fiume Sarno. Era l’epoca della Cassa del Mezzogiorno e dei finanziamenti a pioggia. Le opere restarono in gran parte incompiute.
Un’altra tragica emergenza, quella dell’alluvione di Sarno del 1998, pose la necessità della difesa del territorio, reso fragile dall’incuria e dal non governo delle amministrazioni locali e regionali che hanno sempre consentito l’abusivismo politico-edilizio generatore di una selvaggia devastazione di tutta la valle del Sarno. Si sa che la casa è sempre stata merce di scambio elettorale. Fino a consentire abusi odierni di costruzione di interi quartieri e di centri commerciali in aree a rischio molto elevato per l’incolumità della vita. Prevenzione zero. Protezione zero.
Per non parlare del danno alla salute (aumento dell’incidenza di patologie legate all’inquinamento ambientale) già segnalato da una commissione d’inchiesta parlamentare sulle cause dell’inquinamento del fiume Sarno consegnata alla memoria storica nel 2006. Anche questo atto di forte denuncia, dopo 10 anni, non ha trovato una minima soluzione che, invece, resta legata ad un organico progetto di risanamento ambientale dell’intera valle del Sarno e che coinvolge 38 Comuni e 3 province (Napoli, Avellino e Salerno). Dunque, per risolvere l’insieme di questi problemi, inquinamento, danno alla salute, assenza di reti fognarie e difesa del suolo, l’agenzia regionale campana difesa suolo (Arcadis), i vertici politici e tecnici della Regione Campania e l’Autorità di Bacino avevano pensato di usare “il metro e la cazzuola” realizzando un progetto chiamato “Grande Progetto Sarno”, ammesso ai finanziamenti della scorsa programmazione europea FESR. Si sa, come la casa, anche il cemento e la movimentazione terra, da queste parti, sono merce di scambio elettorale! Ecco perché il mastodontico apparato tecnico di Arcadis partorì il progettino idraulico “risolvituttiproblemi”. Prevenzione e protezione.
Prendi due e paghi uno. Ma in cosa consisteva questo progettino idraulico di 217 milioni di euro? Consisteva in una “seconda foce” da costruire a Torre Annunziata nell’ex area industriale di Rovigliano e che serviva ad aumentare di 33 m/s il deflusso a mare di una eventuale piena alluvionale prevedibile entro i prossimi 100 anni. In cambio di questa opera edilizia idraulica il quartiere avrebbe goduto di campetti di calcio e di tennis con vista sulla “seconda foce” del fiume Sarno (ancora) inquinato, come i rilevamenti Arpac dimostrano inoppugnabilmente. Ci siamo sempre chiesti perché l’idraulico-ingegnere non pensò a disostruire il canale fluviale, ricolmo di sedimi da anni e anni? Forse costava meno che costruire una “nuova tubatura” (seconda foce) magari distruggendo per sempre un canale precedentemente costruito e mai completato con una spesa di 70 milioni di euro? In effetti i cittadini, sia singoli che riuniti in Comitati, depositari della memoria storica dei luoghi, facevano notare, con dettagliate relazioni anche tecniche, che una seconda foce non serviva a niente anzi era un gravissimo danno per l’intera area del bacino e per il parco regionale fluviale del fiume Sarno.
La memoria storica dei luoghi veniva costantemente ignorata o anche occultata come accadeva per i possibili rifiuti sepolti nel cosiddetto “Stagnone” di Torre Annunziata. Oggi sembra che le forze politiche della Regione Campania vogliano fare un passo indietro sul “Grande Progetto Sarno” o almeno laterale riproponendo parole e addirittura interi brani del nostro dossier sul fiume Sarno inviato ai membri della Commissione Ambiente, in occasione dell’audizione del 09/03/2016, insieme a più di 2000 pagine di report di indagini sullo stato di inquinamento delle acque del Sarno eseguite negli ultimi 10 anni dall’ Arpac. Da rivedere completamente la realizzazione delle cosiddette “vasche di laminazione” che la saggezza popolare aveva visto come “vasche colabrodo”, perché prima o poi tutte le vasche perdono e l’acqua si infiltra nelle falde determinando un aggravamento delle condizioni di inquinamento ancor più se manca un programma di bonifica ordinaria.
E si sa che ciò che è “ordinario” è di difficile scambio elettorale perché richiede una programmazione più lunga di una legislatura. Il nostro Comitato, anche grazie ad una petizione popolare che raccolse migliaia di firme, chiese esattamente ciò che oggi si sta verificando. Ma è proprio adesso che occorre maggiore attenzione e maggiore attivismo da parte di tutti gli stakeholders protagonisti di questo straordinario intervento che vuole ridare vita al fiume Sarno. Il Comitato Gente del Sarno è depositario di una innovativa e organica misura di prevenzione e protezione dell’intero bacino del fiume Sarno e chiede di sedere al tavolo di programmazione di ogni intervento che riguardi il fiume come legittimi portatori di interesse.
Dati i risultati ottenuti dopo 3 anni di battaglie, audizioni, conferenze di servizi, denunce alle Procure di Nocera Inferiore e Torre Annunziata e interrogazioni parlamentari, possiamo dire che la partita non è finita 0 a 0. Quella vera deve ancora iniziare, quella che vede i cittadini della valle del Sarno protagonisti del loro destino. Il Comitato Gente del Sarno chiede che ci sia coordinamento per evitare barricate e inutili perdite di tempo. Chi ha scarsa memoria, ricordi che il popolo non dimentica.
Per maggiori approfondimenti, al seguente link è possibile scaricare il DOSSIER prodotto dal Comitato Gente del Sarno dal 2013 al 2015 ed inviato ai membri della Commissione Ambiente della Regione Campania in data 09/03/2016: LINK