La presenza capillare di Poste Italiane sul territorio non deve essere più considerata come un peso, bensì come un valore. Non potrà perciò esserci alcuna chiusura o rimodulazione prima che siano state esaminate le “iniziative in grado di aumentare la redditività della rete degli uffici postali in un ambito territoriale”, che potranno essere presentate ogni anno da enti e istituzioni locali. Lo si legge in una nota a firma del sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonello Giacomelli, inviata in risposta a un’interrogazione della senatrice PD Angelica Saggese.
Saggese aveva infatti segnalato al governo la necessità di intervenire per “garantire la prosecuzione dei servizi” nei tanti Comuni italiani che rischiano, nell’arco di poco tempo, di rimanere del tutto privi di sportelli postali. Il piano industriale e strategico di Poste Italiane per il 2015-2020 prevede infatti la chiusura di oltre 450 uffici, 10 dei quali in provincia di Salerno. A ciò si somma poi una riduzione dei giorni di apertura per altri 608 uffici, a tutto danno dei piccoli centri montani e rurali.
Nella sua risposta, il sottosegretario Giacomelli sottolinea come il recente negoziato tra ministero dello Sviluppo Economico e Poste Italiane abbia portato alla definizione di un nuovo criterio generale: la chiusura di un ufficio può essere intesa solo come rimedio estremo. La valutazione costi-benefici non potrà riguardare un singolo sportello, ma dovrà invece avere come base “un ambito territoriale più ampio”. Le amministrazioni locali avranno perciò tempo fino al 31 marzo 2016 – termine che resterà poi fissato al 30 settembre di ogni anno – per presentare proposte che, partendo proprio da aree territoriali più ampie di un singolo Comune, siano in grado di garantire agli uffici postali un incremento della redditività.
“Ringrazio il sottosegretario Giacomelli per la risposta – è il commento della senatrice Angelica Saggese – che mi pare ribadisca un concetto chiaro: nessuno potrà più appellarsi al semplice criterio della redditività economica per deprivare un territorio montano di qualsiasi servizio essenziale. A ciò si aggiunge una proposta di metodo rivolta alle amministrazioni comunali: quella di mettersi insieme per trovare risposte, meno isolate e più forti, da sviluppare dentro ambiti territoriali più vasti.