Migliorare le nostre diete alimentari e raddoppiare nei prossimi cinque anni, estendendole dal dieci al venti per cento, le superfici italiane coltivate a biologico, l’unica agricoltura che può assicurarci cibo sano, libero da ogm e pesticidi, e al tempo stesso aiutarci a contrastare i cambiamenti climatici e le altre gravi emergenze ambientali del Pianeta. Un obiettivo che è alla portata dell’Italia, nei cui territori esistono già tantissime esperienze virtuose. Per questo Legambiente chiede al ministro dell’Agricoltura Martina e al Governo di sostenere queste realtà con una serie di azioni concrete: fondi per la ricerca e sperimentazione di metodi di agricoltura biologica, formazione e istituzione in ogni regione italiana di liste di esperti in agricoltura biologica per l’assistenza tecnica alle imprese, promozione di almeno un biodistretto per regione in alleanza tra agricoltura, filiere agroalimentari e ricerca scientifica, agricoltura biologica nei Parchi. Sono queste le richieste e i temi fondamentali del progetto Conversione, presentato nella Conferenza Internazionale “La terra che vogliamo. Quale agricoltura per nutrire il pianeta?”, svoltasi oggi a Milano e promossa da Legambiente insieme al Comitato Scientifico Expo a conclusione del viaggio del Treno Verde, la storica campagna dell’associazione ambientalista e del Gruppo Ferrovie dello Stato che chiude domani la sua ventisettesima edizione.
Il tour del Treno Verde – realizzato anche grazie al patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole, Ambientali e Forestali e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – è partito il 23 febbraio scorso da Caltanissetta ed è stato dedicato quest’anno proprio ai temi all’agricoltura e all’alimentazione, in vista di Expo Milano 2015. Sedici tappe, da sud a nord, nel corso delle quali il convoglio ambientalista ha raccolto e raccontato le migliori esperienze dell’agricoltura italiana di qualità, facendo conoscere e riscoprire la bellezza e l’eccellenza dei nostri territori. In una parola, un’agricoltura di qualità economica, culturale, civile e sociale che dà il segno al territorio in cui è viva e presente.“L’Expo è un’occasione irripetibile per parlare al mondo di questi modelli di agricoltura sostenibile, della salute dei cittadini e non può essere prigioniero degli interessi delle multinazionali del cibo globalizzato e degli ogm – dichiara Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente –. Esiste invece un’agricoltura che è attenta alla complessità e specificità locale degli ecosistemi ed è praticata già da molti agricoltori, alcuni dei quali hanno accompagnato il viaggio del Treno Verde lungo l’Italia. Parliamo purtroppo ancora di una visione non acquisita e consolidata, perché privilegi, lobby e approcci corporativi fanno da freno al processo di modernizzazione. Come ad esempio sta accadendo in questi mesi con il TTIP (Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti) che mette sotto attacco gli stessi standard su sicurezza dei cibi, dell’ambiente, del lavoro e della chimica; per non parlare dell’eccessivo consumo di suolo accompagnato da una cementificazione selvaggia. Sono resistenze che stanno penalizzando quanto di positivo si comincia a vedere nei territori a vantaggio della rinata dimensione della ruralità. Sull’evento dell’Expo si stanno accendendo i riflettori di tutto il mondo e il nostro paese non può permettersi di essere miope davanti alla vera sfida da cogliere, quella di valorizzare le economie locali e le agricolture di qualità dei territori, a partire da quelli italiani”.
È questa ad esempio l’agricoltura praticata quotidianamente dai 130 Ambasciatori del Territorio – iniziativa promossa da Legambiente e Alce Nero – che sono saliti in questi due mesi a bordo del Treno Verde.
“Insieme a cibo sano e libero da Ogm gli Ambasciatori del Territorio offrono all’Italia e al mondo bellezza del paesaggio, suoli fertili e stabili, riscoperta di sapori e saperi unici, nuova linfa a borghi abbandonati di collina e di montagna – commenta Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente -. Con loro abbiamo percorso l’Italia, presentando quel cibo che non solo non danneggia l’ambiente, ma mette in relazione chi lo produce e chi ne fruisce. Quello stesso cibo che è lavoro, qualità territoriale, bellezza di cui l’Italia deve tornare ad essere fiera. La politica è chiamate a rispondere a questa grande domanda di cambiamento che i cittadini e le aziende agricole più innovative chiedono da tempo”. Sono queste stesse esperienze ad aver ispirato il Manifesto della Nuova Agricoltura, che lungo gli oltre tremila chilometri percorsi dal treno ha raccolto le firme di più di mille persone, operatori del settore agroalimentare, studenti, professori, tecnici, rappresentanti politici e istituzionali, tra cui il ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina, il sottosegretario all’Ambiente Barbara Degani, il governatore della Puglia Nichi Vendola, gli assessori all’Agricoltura delle regioni Sicilia, Abruzzo, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, dal sindaco di Napoli e di molte delle altre città in cui ha fatto tappa il convoglio ambientalista. Un manifesto che propone un’agricoltura di qualità, rispettosa degli ecosistemi naturali, del paesaggio e della biodiversità anche perché con diete più salutari sarà possibile nutrire tutto il Pianeta. Saranno, infatti, in gran parte i nostri stili di consumo alimentare a determinare il futuro della produzione di cibo. Se una parte dell’umanità oggi muore ancora per fame o malnutrizione, un’altra parte muore per malattie determinate da un eccesso di consumi di carne, grassi, zuccheri, cibo scadente e contaminato da pesticidi. Uno studio di Harvard e del Forum Economico Mondiale, come ha ricordato il professor Timothy Land della London University, mostra che le malattie non infettive, come cancro, malattie cardiovascolari, respiratorie, nei prossimi 20 anni costeranno 30.000 miliardi di dollari. È quasi la metà del prodotto lordo mondiale nel 2010 e il principale responsabile di queste malattie è un’alimentazione scorretta.
Proprio per promuovere stili di vita sani e responsabili, il Treno Verde – che in questi due mesi ha accolto a bordo delle sue quattro carrozze oltre 35mila visitatori – ha promosso incontri, focus, degustazioni e laboratori, ma soprattutto percorsi di educazione alimentare e ambientale con i circa 15mila studenti di ogni età che hanno preso parte alle attività promosse da Legambiente. A bordo anche il progetto “Treno Verde verso Expo” – realizzato con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali – dedicato proprio ai temi dell’agricoltura, dell’alimentazione, della biodiversità e degli stili di vita. Che il tema di una corretta alimentazione debba diventare elemento imprescindibile nei programmi didattici degli istituti italiani è dimostrato anche dal sondaggio svolto dall’associazione in questi mesi e che ha riguardato oltre 3mila studenti. Pizzette e merendine confezionate rappresentano infatti ancora oltre 80 per cento del cibo preferito per merenda nelle nostre scuole, mentre solo poco più del 9 per cento degli intervistati mangia ad esempio un frutto. Anche a casa le abitudini non sono delle migliori, visto che la carne continua ad avere un peso troppo importante nel menu settimanale dei ragazzi, a discapito di pesce e verdura. Nel 75 per cento degli istituti presi in esame è presente una mensa scolastica, ma soltanto nel 57 per cento dei casi vengono consumati prodotti biologici o locali durante i pasti. Numeri che rispecchiano tra l’altro i dati emersi dal XV rapporto Ecosistema Scuola di Legambiente, relativi all’anno 2013, che hanno riguardato le scuole, dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado di competenza dei Comuni capoluogo italiani (per un totale di popolazione scolastica pari a 1.272.138). Rispetto ai servizi a disposizione delle scuole e alle buone pratiche, infatti, i dati non ci restituiscono un quadro incoraggiante. A livello nazionale sono il 75,4% le mense in cui vengono serviti pasti biologici (con nord, sud e isole che si attestano su una media dell’80% mentre al centro si supera di poco il 40). Le mense con pasti interamente biologici sono invece appena il 4,8 per cento a livello nazionale (qui invece è al centro che c’è il dato più significativo con l’11 per cento, mentre nord, sud e isole non superano l’1 per cento). Diminuiscono i pasti interamente biologici nelle scuole, oramai presenti solo nel 4,8% delle mense scolastiche, quasi 4 punti sotto il dato dell’anno precedente e in calo di circa la metà rispetto a quattro anni prima (8,7 nel 2009), così come la media di prodotti biologici che si attesta al 53,7%.