Camminando lungo l’alveo nocerino, da qualche tempo è possibile assistere alle simpatiche performances canore delle rane che, a causa dell’inquinamento ambientale, a lungo avevano fatto perdere le proprie tracce nell’Agro.
Fino agli anni ’30 e ‘40,infatti, come racconta il noto geologo Giulio Caso, le “Pelophylax bergeri” erano di casa nelle pozze e nei canali della zona, quando le sponde erano ricoperte da abbondante vegetazione e la purezza delle acque permetteva ancora ai nostri nonni di immergersi per bagni refrigeranti durante l’estate.
Purtroppo gli sversamenti di rifiuti provenienti da fabbriche ed industrie di pellami nei fiumi Cavaiola e Solofrana, così come l’espansione dei territori urbani e la bonifica delle zone umide, hanno fortemente alterato l’habitat naturale delle rane di stagno, minacciandone l’estinzione.
Ma il pericolo sembra essere scampato: in questi giorni gli esemplari maschili della specie hanno risalito l’alveo ( partendo probabilmente dalla confluenza del Sarno) fino ad arrivare in acque pulite, intonando “canti” per attirare le compagne.
I primi ad accorgersi del ritorno degli anfibi sono stati i volatili : i ranocchi , infatti, sono predati da molti uccelli e costituiscono inoltre una significativa parte della dieta di serpenti acquatici e terrestri.
“Si intravedono già innocue bisce” racconta Caso “E le rondini, poi,approfittano degli sciami di insetti sul torrente che, alla fine della catena alimentare, nutrono tutti”.
Enrica Granato per RTA LIVE